ITALIA 90  "Living human treasure"
   (2023 )

E come rimanere insensibili di fronte a una band che sfoggia un nome di questo tipo?

Non sorprende, quindi, come i londinesi Italia 90 abbiano trovato immediato riscontro nel nostro Paese, prima ancora della loro musica, per l’etichetta che ne anticipa le produzioni discografiche. Il primo lavoro sulla lunga distanza è questo “Living human treasure” che apre con il taglio netto di “Cut”, in cui le bacchette di J Dangerous scandiscono un tempo su cui si appoggiano chitarre minimali e monocromatiche, mentre la voce, anch’essa volutamente glaciale, riporta ancora una volta le lancette al 1979, o giù di lì.

E da questo momento, una volta tracciate le coordinate, il disco vivrà di un piacevole revival, ma, ci sentiamo di azzardare, mai banale.

Così, in “Leisure Activities” la canzone è dominata da riff di chitarra violenti, in “Magdalene” troviamo una forte influenza (art brut, come nella successiva “Golgotha” ) che non abbandonerà mai il disco. “Competition” è affascinante nelle sue chitarre distorte, ma in un contesto che non ha fretta di accelerare i tempi, e in “New factory” ci si legge qualcosa dei Devo.

“The mumsnet mambo” ha in primo piano i tasti e il recitato di Les Miserable, così come “Funny bones” (una delle migliori) si fa apprezzare per quel ritmo che ce li accosta a dei tranquilli Red Lorry Yellow Lorry (molto basso in evidenza). “Does he dream?” ha dei riff così paurosamente simili ai Talking heads, da far gridare al plagio, prima dei quasi 6 minuti con i quali “Harmony” chiude il lavoro.

Di alcune influenza abbiamo detto, anche se la più grande è sopra a ogni traccia ed è rappresentata dagli Wire di Colin Newman e soci e di quel post punk che stanno rappresentando al meglio, anche dopo quarant’anni dai padri fondatori. (Gianmario Mattacheo)