FAIZAL MOSTRIXX  "Mutations"
   (2023 )

Abbiamo da poco affrontato l'album di Fatoumata Diawara, dal Mali, che col suo soul pop elettronico ci parlava di afrofuturismo. Adesso ci spostiamo in Uganda, da Faizal Mostrixx, che corre su questo stesso territorio filosofico: è una risposta alle vecchie correnti africaniste (cioè panafricanismo e decolonizzazione in chiave diciamo “antagonista”, per semplificare). L'afrofuturismo invece propone uno sguardo alla contemporaneità puramente interno al continente africano, senza badare all'Occidente né come esempio, né come avversario. E dal punto di vista musicale, questo significa avere molte sorprese.

Sì, perché gli interscambi sono alla base delle culture di molti popoli, e Mostrixx non fa eccezione. La musica di Faizal Mostrixx è assolutamente moderna, contemporanea. La sua afro-house contiene elementi locali, come la 'mbira in “Muzukulu”, che però si fonde in loop con i suoni sintetici, in una costruzione ritmica che ad esempio un dj francese non farebbe. Come esiste il “French touch”, potremmo parlare di “Ugandan touch”, perché ci sono delle peculiarità nell'inserire certi controtempi di chitarra e basso sintetico, che sono in qualche modo “geolocalizzabili”. E non è contraddittorio, affermare che il tutto suona internazionale. Semplicemente, la firma di Faizal è molto personale.

Mostrixx attinge da una musica a coro responsoriale (solista e coro che risponde), del Paese a sud dell'Uganda, la mette nel loop, ed ecco “Back to Tanzania”. Il brano più sorprendente è “SandMan”, che a metà ospita un'armonia festosa, sopra il fitto tappeto ritmico. E poi, parlavamo di futurismo africano? Non poteva mancare un brano che si chiama “Afro Aliens”. Perché sì, li senti i suoni ugandesi, ma sono completamente spinti in una dimensione altra. Non è la solita operazione banale di inserire suoni che “fanno etnico”, all'interno di una base occidentale: sia la parte elettronica che la strumentazione diciamo tradizionale, dialogano in una maniera del tutto diversa, per l'appunto afrofuturista. In “Afro Aliens”, gli “alieni” sono rappresentati probabilmente da quei flauti rapidi e dissonanti, inafferrabili nella melodia, ma estremamente accattivanti nel ritmo.

Tutto questo e tanto altro nell'album dal significativo titolo “Mutations”, uscito per (è quasi ovvio dirlo) la Glitterbeat Records. Voglio chiudere spendendo due parole su quest'etichetta. È proprio la filosofia della Glitterbeat, che permette la diffusione di queste musiche. Guarda alle realtà regionali superando lo sguardo folkloristico ed “etnico”, scovando e producendo chi dimostra di stare perfettamente al passo con i tempi senza per questo annullare la propria identità, anzi riuscendo a tramandarla in un linguaggio rispolverato. Fatevi un giro nel loro sito (non mi hanno pagato per scriverlo, è proprio una cosa che sto notando adesso).

Sono sempre gli stessi che producono ad esempio King Ayisoba, artista del Ghana che avevo raccontato nel 2017 (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=5303). Da come scrivo lì, si vede che ero spaesato. Ero stato preso in contropiede, definendo “folk” il suo hip hop. Adesso il quadro è molto più chiaro. L'etichetta ha fatto quest'operazione anche al di fuori dell'Africa, ad esempio poco tempo fa in Scozia con Brìghde Chaimbeul, giovanissima che porta nella modernità la cornamusa scozzese tradizionale (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=10115). Insomma, tanto di cappello per la Glitterbeat! (Gilberto Ongaro)