JUGLANS REGIA  "Neranotte"
   (2023 )

Da Firenze ritornano i Juglans Regia, col nuovo album “Neranotte”, uscito per Loud n'Proud Records. La loro cifra stilistica si basa su un dark rock con radici metal, dove i riff anche più heavy, come quello del brano “Chimera”, vengono equilibrati nel mix in modo che non coprano gli arpeggi di tastiera. E al canto è riservata una capacità melodica, che esula sia dai cliché del NWOHM, che dalle deviazioni folk e paganeggianti nordeuropee. L'oscurità è ricercata anche tramite soluzioni armoniche.

Ad esempio, le note di “Fragili equilibri” seguono la scala frigia, e nel ritornello si susseguono tre accordi di tonalità minore, di cui il primo crea due salti di tono dalla tonalità d'impianto (ad esempio: suonate un si minore e poi sol minore). Cose di questo tipo rendono le tinte gotiche, che accompagnano le parole in modo pertinente: “Le scorgo lì nel buio, nascoste nel suo nero, velate sfumature di sogni di bambino. Occhi senza vita, pieni di dolore, risate isteriche pronte a farti male (…) Uccidi il mostro, fallo morire, riscopri il senso, la tua libertà”.

Mi incuriosisce per la precisione un verso: “Son sette pollici di false verità”. Googlo i sette pollici, e trovo che è la misura standard dei tablet. Poi continua: “Equilibri fragili fra varie umanità. La vita è un desiderio nell'eternità”. Forse guardare il mondo filtrato dagli schermi allontana dal desiderio di eternità?

La lotta contro il mostro continua nella citata “Chimera”: “Incomprensibile trovarsi a vivere senza reagire mai. Ci sono quelli che l'hanno fatto, piccoli ruoli che hanno finto per non sognare più (…) sconfiggi la bufera”. Forse la riflessione sui sette pollici non era del tutto peregrina, perché poi con “Tutto e niente” ascoltiamo 38 secondi di chiacchiere televisive sovrapposte, e poi in “Oltre lo schermo” si canta questo: “Scene grondanti, paura, dolore, lasciano inerti senza parole. Tutto ha un prezzo, niente ha valore (…) Soldati in fila senza una guerra. Scimmie distratte dalla tv. Corpi violati toccano terra, la morte non è più tabù. Cambia canale, cambia canale, cambia canale ora o mai più”.

Ma questo senso di isolamento forse esisteva anche prima dell'invasività dei mass media, e si accendeva nella mente dei più consapevoli. “Confine” dice: “L'atavica paura del sentirsi solo, rende la vita più forte del destino”. Un breve strumentale chiamato “Güser” ci immerge in un'ambientazione acquatica, affiancata da tamburi che sembrano presagire un rituale arcaico. E “Dentro il mare” ci immerge in concetti allegorici: “Ho capito di non saper nuotare. Affondare e lasciarsi andare. Il cuore è il mare, il mare è l'anima. Il cuore è il mare, paludi nere”.

Ed eccoci così alla fine, con la titletrack “Neranotte”, seguita dalla coda di chiusura “Se”. Qui ci sono altre immagini suggestive e vaghe sensazioni: “Corro nel vicolo cieco del mondo (…) Non sarò proprio io il vincitore”. Le canzoni dell'album sono puntellate qua e là di assoli di chitarra elettrica, abbastanza riconoscibili nello stile. Ma in questo brano invece, la fase strumentale, se nel brano iniziale inseguiva una scala frigia, qui invece si chiude con una scala esatonale (ad esempio: Do Re Mi Fa# Sol# La# Do), che dà l'ultimo colpo ansiogeno all'album.

C'è un'altra band toscana, non fiorentina ma pratese, che sembra avvicinarsi ai Juglans Regia, pur con vistose differenze: i BluAgata, che hanno le front girls più urlatrici e il sound più aggressivo, col piglio di denuncia sociale, che sbatte sul concreto. Invece i Juglans Regia osservano da un punto di vista più metafisico, e nonostante il sound ugualmente energico, si evita di urlare. Entrambe le band hanno in comune questo voler fare dischi di concetto, di contenuto: non c'è la posa vuota della rockstar. C'è da analizzare le parole, e c'è anche da scatenare il corpo. (Gilberto Ongaro)