SACRO ORDINE DEI CAVALIERI DI PARSIFAL  "Until the end"
   (2023 )

Si dice che “i gusti son gusti” e non si discutono, però (nel tempo) quelli musicali li ho visti cambiare tante volte ad eccezione di un genere: il metal. Mai vista tanta fedeltà nelle bands che lo abbracciano sin dagli esordi e non lo lasciano più.

Sebbene le tendenze cambino o si trasformino in qualcosa d’altro, certi collettivi vanno dritti per la loro strada giurando fedeltà “fino alla fine”: ed i quattro paladini del Sacro Ordine dei Cavalieri di Parsifal ce lo fanno subito intuire dal titolo eloquente del loro secondo album “Until the end”, a cinque anni di distanza da “Heavy Metal Thunderpicking”.

Il gruppo friulano torna, quindi, a ri-eleggere quell’epic-metal a loro tanto caro, quasi fosse un dogma indiscutibile, con 10 tracce che rimarcano l’evidente evoluzione per la band, a cominciare dall’introduzione di due cantanti che si passano il testimone lungo la tracklist.

I ragazzi calano nell’arena un “Black lion” inferocito ed indomito, tanto per chiarire gli aspetti dell’opera che graffierà senza sosta “fino alla fine”. Chiedete a “Starblazer”, “Eagle of the night” o a “Prey of pride” se non è così.

Le chitarre girano come mulinelli impazziti, le batterie granitiche danno una pacca asfissiante e sottofondi pertinenti per dar la quadratura al cerchio, mentre “Inside me” ruggisce con narrato dalle venature metal-punk e “Still dreaming”, invece, decelera lievemente pur mantenendo il piglio che accomuna gli altri nove fratelli in lista, benché non manchi la classic power ballad come la storica “Stone river”, che fa accendere le torce dei cellulari per farli ondeggiare a go-go.

La maestosa titletrack lancia i titoli di coda con un mood bilanciato, tra grinta e riflessione, che fa godere l’orecchio per oltre 300 secondi. Quantunque “Until the end” sia un’insigne testimonial per l’epic-metal, la sensazione è che al Sacro Ordine dei Cavalieri di Parsifal manchi ancora qualcosina (nulla di allarmante…) per dare al loro pregevole sound quella giusta “cattiveria” in più, necessaria per volturare gli album da "ottimi" a "capolavori". Hanno mezzi tecnici per farlo e l’estro vistoso per aggiungere luce al loro talento cangiante. (Max Casali)