L'ESTATE DI SAN MARTINO  "Kim"
   (2023 )

Sebbene il nome di questa band possa evocare un che di effimero ed instabile, in realtà siamo in presenza di un progetto musicale che affonda solide radici nella tradizione prog ed ha una vita ormai cinquantennale, nascendo a Perugia nel 1975 attorno alla figura fondatrice di Marco Pentiricci, polistrumentista con predilezione per il flauto traverso (Ian Anderson docet...), per arrivare dopo complesse vicende e cambi di formazione fino ai giorni nostri.

Questo "Kim", discograficamente parlando è il quinto lavoro del gruppo e si presenta già con un artwork in copertina molto intenso ed immaginifico... al suo interno vi sono 10 tracce originali che, organicamente considerate, formano un concept album.

Il tema e le musiche si ispirano ad un fatto reale accaduto, da cui prende spunto il dibattito del transumanesimo e del contrasto forse mai risolto fra religione e scienza: una ragazza, affetta da un male incurabile, viene ibernata con lo scopo di essere guarita al risveglio futuro, quando la scienza sarà molto più avanzata...

Si può ben comprendere la portata di tale argomento e, con queste premesse, come e dove debba svilupparsi la proposta musicale elaborata.

Ascoltando nella loro completezza i brani, spesso della durata superiore ai cinque minuti, si entra effettivamente in una dimensione molto suggestiva: dominano atmosfere rarefatte ma decise, con frequenti cambi di tempo (quasi tutti in ritmi dispari) e passaggi armonici raffinati. Le sonorità, oltre che dal flauto traverso, sono definite da arrangiamenti di chitarra a dodici corde e tastiere con ottimi suoni di sinth della "vecchia scuola".

Mi giungono echi e riferimenti in alcuni brani dei grandi mostri sacri del prog. Quello che ne risulta è un validissimo rock progressivo modernizzato da spunti elettronici ed impreziosito dalla cura dei testi e dalla voce del cantante Andrea Pieroni, pienamente a fuoco su tutto il fronte vocale.

Tutte le tracce sono di assoluto valore e stilisticamente di alto livello artistico, in particolare voglio citare la n.2 "Sul prato", dove voce e strumenti mostrano un compendio di tutti gli elementi sopra descritti. Un'altra traccia notevole è la seguente, al n.3 in scaletta, "Inanna", con flauto traverso su tempo dispari ed atmosfere esotiche permeate da una voce potente ed ugualmente raffinata, e da chitarre elettriche mai invasive e ben calibrate.

Nel brano "Libera", al n.5, riconosco influenze di PFM e Genesis nel solco di canoni prog non traditi, bellissimo anche il settimo brano "Il monaco Pierre" dove, a tratti, il cantato mi ricorda l'attitudine del compianto Francesco Di Giacomo del Banco. La traccia n.9 si intitola "Caleidoscopio" ed è in effetti tale dal punto di vista musicale, in quanto inizia con un ricercato intro elettronico per poi svilupparsi negli oltre nove minuti di durata in molteplici variazioni melodice ed armoniche.

Oltre alla indiscutibile validità del disco sotto tutti i punti di vista, rilevo un valore aggiunto che è quello di riuscire a suonare molto attuale e moderno rispettando comunque, e non snaturando, i tradizionali e storici canoni del rock progressivo tipici degli anni '70. Voto 8 e 1/2. (Roberto Celi)