SAM BURTON  "Dear departed"
   (2023 )

Ve la ricordate “Everybody's talking” di Harry Nilsson, dal film ''Un uomo da marciapiede''? Porta alla mente ricordi anche a chi non c'era nel 1969, per via del suo arrangiamento, con quella chitarra acustica in dialogo con l'orchestra.

Giunto al secondo album, Sam Burton, aiutato da Johnatan Wilson, pubblica “Dear departed”, che va in quella direzione lì. Dieci canzoni soft, piene di accordi di settima maggiore, pianoforti d'accompagnamento, accanto a una soffice orchestra, che a volte va nel barocco, come in “Empty handed”. “I don't blame you” è particolarmente toccante, con l'aggiunta del coro femminile, sembra addirittura di Cohen... (ma su un registro vocale medio, non così grave).

La voce è tranquilla e dissimula le emozioni vissute, ma traspaiono i sentimenti di Burton in maniera precisa. Belle le modulazioni “sognanti” di “I go to sleep”. Il romanticismo tradotto in musica raggiunge il suo apice in “My love”, senza poi scordare la firma country a stelle strisce, nei lick di risposta al canto, in “A place to stay”.

Per quanto dichiari di non voler fare il nostalgico, Sam Burton is always “Looking back again”, perché si rifugia nei ricordi, nel “Safer Past”, come canta Guy Littell. E perché no, poi? Queste canzoni sono terapeutiche, suonano come un camino acceso in inverno, una coperta confortante. (Gilberto Ongaro)