CARLO COSTA & JOHN MC COWEN  "Pianissimo etc"
   (2023 )

Carlo Costa è un batterista atipico, che ha sviluppato un proprio linguaggio sonoro e anche una propria notazione. Basta guardare qualche esibizione su YouTube, per capire che non suona in maniera convenzionale. In un caso, possiamo vedere la grancassa distesa in orizzontale, e Costa che ci fa rotolare un rullo, per ottenere dei lontani tuoni. Oppure, in una foto lo vediamo grattugiare il timpano con un parallelepipedo. E suona con molti musicisti in formazioni diverse, di duo e trio, nella scena newyorchese.

“Pianissimo etc” è la nuova uscita, eseguita da sé alla grancassa e alle percussioni, e da John McCowen al clarinetto basso, che indugia su note prolungate, portando il jazz in una drone music, che assume connotazioni rituali e ipnotiche. Nelle tre performance (“I”, “II”, “III”), McCowen esplora il fiato del suo strumento fino agli armonici, che si (con)fondono con gli stridori estemporanei dei piatti strofinati da Costa.

È interessante la copertina di “Pianissimo etc”, album uscito per Tripstick Tapes (specializzata in produrre musicassette) e masterizzato da Joseph Branciforte. Raffigura uno scheletro, seduto in posizione fetale, con le mani che coprono il teschio, ed è sospeso su uno sfondo di nuvole all'alba. Lo scheletro sembra essere realizzato in CGI retrò. Effettivamente, questi esperimenti sonori si fanno sentire nelle ossa. Perché le acute vibrazioni, ottenute dalle percussioni, penetrano le orecchie e si riverberano nel corpo, e in maniera evidente, non essendo “distratti” da altri elementi musicali quali melodia, armonia e ritmo. L'attenzione è tutta su questi suoni e rumori, così penetranti.

I due strumenti ottengono timbri geneticamente modificati rispetto a quelli consueti. A volte non si distingue chi fa cosa, come all'inizio di “III”, dove quell'onda gravissima sembrerebbe provenire dal clarinetto basso di McCowen, essendo così rombante, e però ha anche una sua proprietà ruvida “percussiva”. Al contrario, quelle lunghe note intonate che arrivano in “fade in”, cioè senza un attacco, possono essere ottenute strofinando uno dei tanti aggeggi strani di Costa sulla grancassa. Magari è il contrario invece.

Ma il bello è quello, aver ottenuto un linguaggio del tutto alieno, da strumenti acustici. Un jazz sperimentale che diventa un'esperienza immersiva. (Gilberto Ongaro)