JOZEF DUMOULIN  "This body, this life"
   (2023 )

Ritorna Jozef Dumoulin, con le sue schegge impazzite di pianoforte, come nel 2018 con “A beginner's guide to diving and flying”, realizzato assieme ad Orca Noise Unit, raccontato qui: http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=6076. Precedentemente invece, nel 2014, Dumoulin aveva sviluppato un album creato esclusivamente con il Fender Rhodes, “A Fender Rhodes Solo”. Ora ritorna in quella direzione, aumentando però la presenza di altri strumenti, sempre da lui suonati: pianoforte, Fender Rhodes, sintetizzatori, chitarra, voce, programmazione e registrazioni di campo. Nasce così “This body, this life”, pubblicato dalla label Crox-Croix della francese Carton Records.

Cos'è questa musica? È un patchwork, letteralmente, di briciole di materiali diversi, accostati in maniera quasi aleatoria. Non c'è struttura che leghi, ad esempio, i suoni della batteria elettronica 808 con il pianoforte e le voci di bambini che pronunciano filastrocche e cantano canzoni infantili, in “Social disdance”. Ogni elemento compare in aperto contrasto con gli altri.

Altri esempi di questo tipo di disorientamento sono “Ear of the ear” e “Regular encounters”. Inizialmente sembra più usuale “Kindred touch”, dove siamo accolti da teneri e calorosi arpeggi di pianoforte; però poi vengono contraddetti da un assolo atonale, sempre del piano.

In “Eighteen chords for an Angel” mi sono messo a contare gli accordi: sono veramente 18! E sono per lo più cluster, prolungati fino allo smorzamento. Nei 47 secondi di “Altijd Koko Ziek”, Jozef fa suonare probabilmente suo figlio, Ayaan Dumoulin, che è un bambino, e gioca con la voce e una tastiera, facendo ripartire spesso una base ritmica prefabbricata (un preset). Attorno a questo gioco, odiamo il cigolare di uccelli, che probabilmente erano l'ambiente reale, il giardino dove padre e figlio stavano giocando.

Insomma, Jozef sta indirizzando il figlio a fare l'improvvisazione radicale! E si sente poi la risposta del padre, più consapevole, in “Seed syllables”, dove un impulso, assieme al suono di Rhodes, viene campionato e ripetuto caoticamente. In più, Dumoulin ci parla sopra.

Ciò che ha registrato per quest'album, essenzialmente sono tante, tante improvvisazioni, poi unite insieme. Altri accordi febbrili di piano, ad esempio, provengono da “Lonely tree on rocks”, dove sopra accordi dissonanti, si dipana un assolo blues. Con “Paco et le noise”, arriva per l'appunto the noise, un rumore, un vortice ventoso ottenuto elettronicamente, per un minuto e mezzo. Affascinante “Speciale pasta”, dove accadono un sacco di cose, nell'arco di quasi tre minuti. Ma “Eye of the eye” è una delle più incasinate, dove è impossibile avere un riferimento fisso.

Un lavoro che può lasciare attoniti, con molti interrogativi che l'esperienza sonora suscita, ma alla quale non dà risposte. (Gilberto Ongaro)