DON ANTONIO  "Lacosta"
   (2023 )

Nell’affollata landa tra la via Emilia e il west non poteva mancare Antonio Gramentieri (Sacri Cuori, Hugo Race Fatalists), con un nuovo affaccio sul suo sfaccettato mondo di preziosa arte varia.

Quarto lavoro sotto il moniker Don Antonio, inciso con la collaborazione di numerosi musicisti a lui particolarmente vicini, “Lacosta” prende vita un paio d’anni orsono, sulla scia di frammenti e spezzoni composti su commissione, ma giunge a compimento e viene alla luce solo in tempi più recenti, all’indomani dei catastrofici eventi ambientali che hanno flagellato l’Emilia Romagna nel maggio scorso.

Disco urgente e viscerale a dispetto della sua veste dimessa e confidenziale, sparge una manciata di schizzi bucolici che sono idee, abbozzi, spunti, tutti intorno ai due minuti, tutti soltanto strumentali. Opera che va assimilata nella sua interezza per comprenderne l’anima e lo spirito che la muove, “Lacosta” è pacata musica da film per un film che non c’è, trasognata compagna delle immagini richiamate alla mente, viaggio attraverso quella pianura vissuta, amata, sfigurata dalla crudele inclemenza delle intemperie, percorso che con studiata lentezza procede verso la prossima stazione con piglio sì malinconico, ma vigile, mai rassegnato.

Basta chiudere gli occhi per lasciarsi sopraffare da suggestioni felliniane e morriconiane, come da tanto folk campestre sontuosamente declinato in trame esili e nude, che segnano le coordinate di un album nostalgico, melodioso e garbato, diretto ed essenziale, racchiuso tra l’armonia diafana de “La quercia” (quasi Mark Kozelek) e la slide fascinosa di “1979”, tra il tango pigro de “La rosa e la spina” e l’eco dylaniana di “Al verde”, tra il passo sornione di “Roccaccia”, l’alt-folk squadrato à la Tom Petty di “Lacosta”, l’indie truccato di “Non piove”. In coda, i cinque minuti di “Blu spazio blu”, ammaliante bluesaccio roots in maggiore, nonché unica traccia che superi i centocinquanta secondi di durata, riportano tutto a casa, là dove il viaggio ha avuto inizio e dove vuole continuare.

Il ricavato della prima stampa di “Lacosta” verrà interamente devoluto al fondo emergenziale per Modigliana, gestito da Pro Loco, Protezione Civile e Nucleo Volontari Antincendio. Come precisa l’autore, non è un disco di beneficenza, non è un crowdfunding. E’ un disco che cerca di raccontare la terra in cui è nato e a cui si è ispirato, e cerca di restituirle qualcosa. (Manuel Maverna)