HAIKU  "Haiku"
   (2023 )

“Ehi Jigen, vieni a vedere!”
“Quanto oro... Ma come hai fatto Lupin?”
“Nessun caveau ha segreti per me!”
E poi entra Fujiko e si frega tutto. Come sempre.

Sarà un cliché, ma quando sento il flauto improvvisare su questo jazz-funk, il mio pensiero va lì, alla colonna sonora di Yuji Ohno, per il più famoso ladro gentiluomo. I bolognesi Haiku esordiscono con l'omonimo album e questa formazione: tromba – tastiere, flauto – synth, chitarra elettrica, basso, batteria. Le otto canzoni strumentali sono cariche di groove, e ricche di timbri (colori) diversi, grazie alla compresenza di così tanti strumenti. Le prime quattro, “Haiku”, “Cupa cupa”, “Two of us” e “051” si tuffano in quell'immaginario sonoro poliziesco; è molto strana la gestione del ritmo in “Two of us”: a volte sembra terzinato, a volte dritto, non è molto chiara l'intenzione del batterista.

Negli altri quattro brani, l'apporto delle tastiere si fa più importante, con suoni più sintetici, laddove prima si prediligeva il piano elettrico. “The chase” è l'episodio più acido e psichedelico, con assolo di chitarra che accenna alla scala armonica, ma quel che resta impresso è il tema scatenato di due note di tromba. “Nostalgic” e “Nostalgic outro” chiudono l'album, spostando il malinconico tema di tromba in due atmosfere diverse, la prima più marcata e funky, l'altra in downtempo, come nella trip hop anni '90.

Iniziano bene gli Haiku; con questo esordio, riprendono la strada dei Calibro35, dirigendola in una sonorità rivisitata, in chiave personale.

“Ehi Fujiko, dove pensi di scappare!”
ZAC ZAC!
“No, di nuovo in mutande! Goemoooon!”
(Gilberto Ongaro)