ZEITKRATZER  "Scarlatti"
   (2023 )

Ritorna zeitkratzer (con la zeta minuscola), il progetto di Rheinold Friedl che negli anni ho definito “orchestra inafferrabile”, “contenitore di anarchia musicale”, e anche questa volta non si smentisce. Confrontando questo “Scarlatti”, con un lavoro come ad esempio “The shape of jazz to come” del 2020 (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=7917), dove dei brani jazz venivano stirati e sconvolti fino a diventare tutt'altro, potrei aggiungere questa definizione: orchestra “rivisitatrice”.

Questa volta il lavoro di decostruzione colpisce Domenico Scarlatti. Partendo da una sola composizione, la Sonata K 466 in Fa minore, che dura circa 7-8 minuti (l'oscillazione si basa sull'esecuzione e sull'interpretazione), la formazione ottiene sei lunghi brani, per un totale di 45 minuti.

Ne esce una musica statica, concentrata sul suono e sull'intensità. Ad esempio, “Lilas” è una sequenza di violenti colpi d'orchestra (clarinetti, flauti, corno francese, pianoforte, percussioni, violino, viola e due contrabbassi) alternati a pause. Un po' come accadeva nella prima traccia di “Krafft” (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=8013), con la differenza che le pause e i colpi sono più dilatati. “Muguet” invece dilata note di pianoforte, restando a volume basso. “Pissenlit” riporta la riconoscibile firma zeitkratzer, quella che tramite gli strumenti d'orchestra simula una sorta di motori di macchinari, l'attrito di ingranaggi (gli archetti che grattano sulle corde) e lo sbuffo dei tubi d'aria (cioè l'aria dei fiati). Un'orchestra noise.

“Reine de prés” è una vellutata drone music degli archi, che aumenta di forza in “Violette des marais”, aggiungendo un ruvido tappeto di ottave di pianoforte. Ma, in tutto questo, forse potreste chiedervi: “Ma Scarlatti dov'è?”. In effetti, il lavoro di stravolgimento è tale, da non rendere più riconoscibile l'originale. Una chiave più “esplicita”, se così si può dire, è data dall'ultimo brano: “Aster”.

“Aster” è una sequenza di singole note, suonate principalmente in staccato (cioè fermandosi subito), con alcune note saltuariamente prolungate. Ma ancora una volta, come in “Lilas”, ciò che si nota maggiormente è il silenzio, le lunghe pause tra una nota e l'altra. Sembrano dei passi felpati di un uomo che cammina di soppiatto, per non farsi beccare, come nei primi film comici muti. Ma queste note sono casuali? No. Per decifrarle, prendete lo spartito della suddetta sonata K466 di Scarlatti: vi accorgerete che le note sono quelle! Solo che ogni singola nota, che nella sonata scorre per ottenere insieme alle altre quegli arpeggi, qui è isolata.

È un po' come la cucina scomposta, con tutti gli ingredienti separati sul piatto: una sonata destrutturata! (Gilberto Ongaro)