KARMA  "K3"
   (2023 )

Luci che hanno bisogno dell'ombra. Vittorie che chiedono di perdere, qualche volta. Suono ruvido e muscoloso e muschioso e insieme dolce e carezzevole al palato come il fumo di una torbiera a novembre, note intense di memorie ben orchestrate e sublimate nel DNA, tanto lavoro uguale tanta resa. Introduzioni oniriche e cavalcate che ti fanno dire che il buon vecchio rock, quella corda tesa tra i Pink Floyd e i Pearl Jam passando per i Radiohead, non è morto ma vive e cerca di lottare fra noi.

Ecco in estrema sintesi "K3" ossia l'attesissimo ritorno dei Karma, aspettato dai fan come quelli di Gabriel fremono per l'erede di "Up". Chi è nuovo a questi suoni dei Karma (e ai loro versi in italiano assolutamente non banali) si troverà immerso in conferme e in un sontuoso edificio dove nulla è affidato al caso, anche quando ci sono sul tappeto oltre al lirismo e all'epica anche rabbia e disordine (apparenti), utile a raccontare questo tempo imperfetto, pesante e disilluso che ci tocca vivere.

Altro che U2 o ciò che ne resta, ascoltate perle come "Neri relitti"; questo sì che è un disco di rock necessario, ossia schietto e fatto di ampie circonvoluzioni e ampi voli e picchiate e risalite, che non fa rimpiangere l'inglese avendo scelto la lingua di Dante. Basta ascoltare riflessioni e invocazioni in musica come "Atlante". Voli che avvengono con tenera purezza di colomba e sguardo di falco, insomma un bell'antidoto ai sopravvalutatissimi Maneskin ma anche molto di più e che invitiamo a scoprire e a cucirvi addosso con ripetuti ascolti, come sempre consigliatissimo un impianto audio adeguato alla qualità del contenuto.

La band milanese, eccola dunque tornata in sella con la sua musica che ha il sapore della sfida controcorrente, un sapore forse anni Novanta ma assolutamente, a ben vedere, più che attuale per temi e soluzioni stilistiche, anzi siamo di fronte a un lavoro che dà parecchio filo da torcere ai tanti anzi troppi pischelli che si improvvisano illudendosi che basti una comparsata al talent tv di turno per evitare la fatica e gli errori.

Ascoltate il fraseggio e le rime di "Luce esatta" e "Goliath", e inchinatevi ai maestri, attivi fin da tre decenni, per dire che la qualità e il merito di cui tanto oggi ci si riempie la bocca non sono cose che si improvvisano ma si condividono con la necessaria umiltà, se si vuole restituirli agli altri in modo comprensibile e che non si riduca a una masturbazione intellettuale per soli eletti.

Per questo i Karma, con il loro terzo lavoro registrato tra gli Stati Uniti e l'ltalia e mixato alle Officine Meccaniche di Mauro Pagani, hanno centrato il bersaglio: David Moretti alla voce e chitarre (oltre a piano e programmazioni), Andrea Viti al basso (già in passato negli Afterhours ed anche a fianco di Greg Dulli e Mark Lanegan), Diego Besozzi alla batterìa, Alessandro Pacho Fìossi alle percussioni e Andrea Bacchini alle chitarre sono tornati per restare, e speriamo che possa seguire un bel tour all'album.

Altri esempi? "Eterna" è un metafisico inno a Eros non banale, con un pizzico di Radiohead e di Metallica a fiorire il tutto per un uso non banale della tecnologia e del fraseggio acustico. Utopie - in un oceano di sogni e lacrime? Ce ne fossero, così.

La vetta (distopica? E chissene) del K3 (visto che il K2 è già stato prosaicamente violato) è stata conquistata, la bandiera dei Karma (mai nome fu più azzeccato per una siffatta band) vi sventola felice fregandosene di limiti e cliché e ci consola come un talismano mesmerico l'anima ferita. E illude noi, tapini ignavi, che il futuro sia meglio della banalità che ci concediamo, anche nel mondo della musica, tarpandoci vigliaccamente le ali. Voto 8. (Lorenzo Morandotti)