REBEL HEART  "Die hard"
   (2023 )

Ecco il quinto album dei Rebel Heart, “Die hard”. Duri a morire, e anche i simboli di copertina comunicano il loro essere dei duri. Il loro heavy metal ricorda quello classico dei Judas Priest e a volte il proto-doom dei Black Sabbath, ma la voce cerca più volte di raggiungere dei picchi à la Ian Gillan, con tanto vibrato.

Granitico l'impatto della band: i riff di chitarra e basso sono pesanti, accompagnati qua e là dalle tastiere, e la batteria corre in brani come “Raging rebel”, o si fa più lenta e cadenzata come in “Blood on my hands” e “Lone wolf”, che ha qualche reminiscenza ritmica di “Kashmir” dei Led Zeppelin. Il momento più delicato è all'inizio di “My life my way”, con un intervento di flauto traverso, sul brano 6/8 dall'andamento epico.

Altri brani fiammeggianti sono la titletrack e “Rock dynamo”, mentre il midtempo “No turning back” è costituito da un riff malefico e intrigante. Il finale “Cry no more”, dove la chitarra va all'unisono con un suono di organo “purple”, è un altro esempio dei riff energici di casa Rebel Heart, prima di arrivare ad un ritornello drammatico e coinvolgente, per poi prorompere in un bell'assolo di chitarra. “Die hard” è un disco quasi nostalgico, per il suo tributo sonoro ai maestri hard'n'heavy del passato, ma sempre godibile, per un pubblico ad esempio di bikers, che vivono svincolati da mode e tendenze. (Gilberto Ongaro)