TROND KALLEVÅG  "Amerikabåten"
   (2023 )

Mi sono innamorato di Trond Kallevåg durante un grigio pomeriggio a maggio del 2021.

Arrabbiato, scocciato, furioso coi colleghi, deluso da un milione di cose, feci una pausa dallo smart working, mi sdraiai sul letto nella semioscurità, socchiusi gli occhi e premetti play.

Così, all’improvviso, senza aspettative – cosa mai avrà da offrirmi questo chitarrista norvegese che non conosco affatto? – il suo “Fengselsfugl” mi riportò tra i vivi e mi rimise al mondo.

Non l’ho mai dimenticato, e tuttora gliene sono grato, anche se lui non lo sa. Altro che post-punk, darkwave o post-rock: a salvarmi furono invece certe canzoni che uscivano dalla cassa appoggiata sul davanzale della finestra, brani senza tempo e senza confini. Smarginati, docili, concilianti, ricchi di un fascino esile ed umile, confortanti: caratteristiche che, con somma gioia, ho ritrovato nelle nove tracce del nuovo “Amerikabåten”, realizzato con la collaborazione di un brillante ensemble di giovani musicisti connazionali e pubblicato, come i due precedenti lavori, su etichetta Hubro.

Concept sull’America, sviluppato come di consueto tramite brani soltanto strumentali, è una mezzora di tale composta, racchiusa, misurata bellezza che descrivervi non saprei: il suo fluire - morbido, accomodante, caldo – mi dona le medesime sensazioni di “Last train home” di Pat Metheny, una sorta di perpetuo andare mentre il panorama scorre oltre il finestrino. E’ musica lieve come una carezza, suggestiva, aliena, capace di evocare immagini e ricordi, regalando sensazioni mutevoli e cangianti sulle ali di tenui melodie bucoliche (“Kvekerne”), qualcosa che richiama indifferentemente il Mark Kozelek più campestre (“AmerikalinJen”) o il Bill Frisell meno ostico (la sublime “Høvding”). Accenni di country leggero (“Ørkenen Sur”), toccanti atmosfere d’antan (la tremante slide di “Fargo”), inattesi echi dub (“Québec”, “Enveisbillet”, con vocalizzi di Selma French) disegnano un’avvolgente idea di fusion 2.0: non è ambient, non è jazz, non è contemporanea, non è neoclassica, eppure ingloba elementi di ciascuno dei molti mondi cui si rivolge e dai quali pesca in assoluta libertà compositiva.

Questo è “Amerikabåten”: la colonna sonora di un film che non c’è. L’unico film è quello che ti scorrerà davanti agli occhi o dietro agli occhi al prossimo ascolto, diverso dal precedente e dal successivo, bello come una gioia inaspettata, o come innamorarsi a maggio. (Manuel Maverna)