MARKUS FLOATS  "Fourth album"
   (2024 )

Nel suo Fourth Album, che è, come suggerisce il titolo, il quarto lavoro in studio del compositore e produttore che vive a Montréal e che segue l’ottimo Third, Markus Floats, al secolo Markus Lake, continua nella sua ricerca sonora sempre più inabissata in mezzo a synth pop, elettroacustica e avanguardia e sempre più dialogante con altri generi, stili e moods. Conducendo al suo fianco alcuni musicisti della Egyptian Cotton Arkestra che aggiungono materialità acustica all’astrattezza del sound di Floats, questo Fourth Album, uscito per la Constellation Records, è concreto e vaporoso al tempo stesso, riuscendo a scrivere un altro capitolo importante della carriera dell’artista.

Incorniciato da una “Introduction” estremamente seducente e da una combattiva “C”, che chiude l’opera e contiene un sample della voce del poeta e attivista Fred Moten, questo Fourth Album è un passo in avanti nel percorso coraggioso e multiforme di Lake. Il timbro del disco è particolarmente variegato e va da episodi caleidoscopici e di sperimentazione elettronica come “Free Wi-Fi” e “So Below” a poetiche fughe introspettive particolarmente dolci e avvolgenti, segno che l’elettronica astratta di Lake ora si muove anche in altri territori altrettanto evocativi e ipnotici, come dimostrano le due parti di “Death”, la geometrica “So Below” e la bizzarra e drammatica “As Below”. Tutto è temporaneo, fragile, in fieri: è come se ogni brano evolvesse nell’altro in un progetto particolarmente solido e centrato.

Nonostante ciò, come si diceva poco sopra, la varietas sonora di Fourth è particolarmente potente e riuscita: i nuovi percorsi che Lake decide di seguire non sono mai completamente distanti da ciò che la sua mano aveva concepito finora, rappresentando, anzi, una potenziale metamorfosi di essi, una loro faccia nascosta, qualcosa che la musica di Markus Floats sembrava per sua stessa natura, o forse anche per destino, presagire e supporre; si pensi, per esempio, al requiem tragico e cinematografico di “Death Pt. 2”, con una seconda parte da brividi, degna colonna sonora di un classico dell’horror, o il massimalismo esplosivo di “Wands”, colorata e instabile, che non riesce a fermarsi dentro un’unica trama nonostante duri due minuti soltanto. Tutto si tiene, anche se con fatica; è proprio questa fatica, però, che dà valore al lavoro.

Con Fourth Markus Floats sceglie di ampliare la sua ricerca artistica e, oltre a sviluppare verso nuove direzioni l’elettronica avanguardistica e glaciale dei suoi precedenti lavori, cerca nuovi percorsi e mutamenti, potenziali evoluzioni, riflessi nell’acqua o sfumature accennate, che solo in parte escono dai tracciati precedentemente seguiti ma sono al tempo stesso per essi quasi una nota a piè pagina di fondamentale importanza, impossibile da trascurare, che va letta e riletta prima che venga capita. (Samuele Conficoni)