SAMARITANO  "Convergenze (deluxe edition)"
   (2024 )

Salvatore Samaritano (in arte Samaritano) – artista con una personalità solare ed estroversa, originario della bella Sicilia – ricopre nella propria vita diversi importanti ruoli professionali (architetto, docente di Arte presso la scuola secondaria di primo e secondo grado, cantautore, interprete, vincitore di “Sanremo Nuovi Talenti” nel 1994...) e sviluppa numerose relazioni sociali in ambito musicale.

Il suo talento interpretativo, la voce calda e la collaborazione con tanti noti musicisti permettono a Samaritano di ideare e mettere in opera, a partire da settembre 2019, un complesso progetto discografico intitolato “Convergenze”, che esce ora in versione Deluxe, in forma digitale e fisica, esattamente il 24 novembre 2023. Si tratta di un’incursione nella storia delle canzoni d’autore italiane prodotte e interpretate nel corso dell’ultimo secolo, in cui Samaritano richiama alla memoria dei più maturi e fa conoscere ai più giovani alcuni brani italiani che hanno lasciato il segno nella musica leggera italiana e internazionale.

Possiamo ascoltare o riascoltare – a seconda dell’età e delle conoscenze riguardanti la musica italiana che ognuno possiede – quattordici canzoni reinterpretate dai principali produttori artistici, Salvatore Samaritano e Roberto Mezzatesta. Lo stile interpretativo predominante è vicino al jazz, il che fa sì che alcune canzoni, cioè quelle nate all’origine in forma jazzistica, non subiscano grosse trasformazioni rispetto alle loro versioni originali, mentre altre, cioè quelle nate come musica pop, reggae o latino, diventino – come Samaritano spiega – “protagoniste assolute di una possibile, bella metamorfosi…”

L’autore del progetto offre dei chiarimenti anche per quanto riguarda il titolo, “Convergenze”, dicendo che in quest’album le canzoni “divengono luogo musicale nel quale convergono due voci, due anime, due visioni dello stesso brano, quella di chi ha scritto e di chi ha immaginato potesse diventare altro”. In più, l’ascoltatore può scorgere pure un altro possibile significato del titolo: quattordici canzoni prodotte in diversi decenni di un intero secolo convergono in un unico progetto interpretativo e intorno a un concetto unico, quello di “amore”, concetto che ha sempre fatto da colonna portante per la canzone italiana.

Con l’aiuto di un gruppo base di strumenti musicali imprescindibili nel jazz (Antonio Anastasi – batteria, Fulvio Buccafusco – basso e contrabbasso, Roberto Mezzatesta – pianoforte, Orazio Maugeri – sax tenore e sax soprano) e di tanti altri artisti vocali e strumentali che si alternano a seconda della canzone interpretata, Samaritano riespone musicalmente il concetto di “amore”, con i vari significati e tratti caratteristici che esso ha assunto durante la storia della società occidentale negli ultimi cento anni.

La canzone “Solo un gigolò”, interpretata da Samaritano insieme alle tre voci della band Cirrone, è un foxtrot che conserva in grandi linee le caratteristiche della variante proposta da Lucio Dalla e Francesco De Gregori nel 2010. Inizialmente fu creata da Leonello Casucci ed Enrico Frati nel 1929 come tango, con il titolo “Gigolò”, e poi fu tradotta in diverse lingue, facendo il giro del mondo. Probabilmente nel periodo interbellico la figura del gigolò, come quella della prostituta, erano socialmente importanti proprio perché la famiglia monogama e la fedeltà coniugale erano la norma. La versione di Samaritano e Cirrone, pur non portando delle grandi modifiche rispetto a quelle precedenti (anche per non alterarne l’autenticità), si distingue comunque per l’uso originale della batteria: c’è da notare che verso la fine, quando nel testo si tratta del cuore che “batte ancora”, si sentono poi dei colpi di batteria come un battito cardiaco accelerato.

Nel 1944, in mezzo al terrore della Seconda Guerra Mondiale, viene creato da Gian Carlo Testoni ed Eros Sciorilli (e interpretato per la prima volta da Natalino Otto) un triste e doloroso quickstep che racconta della perdita del primo amore, quello che non si scorda mai: “In cerca di te”, conosciuto anche con i titoli alternativi “Perduto amor” o “Solo me ne vo per la città”. Samaritano lo interpreta insieme al sassofonista Orazio Maugeri e, diversamente da interpreti precedenti che hanno conservato il ritmo di quickstep, lo rallenta e lo trasforma in un slow foxtrot. “Cercando te, sognando te, ché più non ho”… dice il testo della canzone, perché infatti, la distruzione prodotta dalla guerra nazista aveva lasciato alla povera gente poco altro da avere a parte l’amore tra una persona e un’altra.

“Guarda che luna” – canzone nata nel 1959 come valzer di Fred Buscaglione e i suoi Asternovas, che riprendeva il tema principale della sonata “Chiaro di luna” op.27, n.2 di Beethoven – viene qui reinterpretata da Samaritano con il professor Ruggiero Mascellino, docente di fisarmonica al Conservatorio “A. Scarlatti” di Palermo, e insieme la trasformano in un tango nuevo. In realtà l’idea del tango nuevo abbinata a questa canzone non è proprio nuova, in quanto già nel 2017 il gruppo musicale russo Kvatro aveva pubblicato una versione di “Guarda che luna” in cui sfruttava il tema del “Libertango” di Astor Piazzolla. Nel testo della canzone “Guarda che luna” c’è da notare una bellissima e molto importante riflessione: colui che canta dice alla donna amata di aver peccato nel desiderarla tanto. Si sottintende quindi l’idea per cui un esagerato desiderio venga naturalmente punito con l’allontanamento dell’oggetto desiderato… Un’idea che oggigiorno, nell’era del desiderio che di ostacoli non ne vuole sapere, è quasi scomparsa dal discorso.

Insieme alla cantante Alice Sparti, Samaritano presenta al pubblico “Io che amo solo te”, canzone carica di idealismo composta da Luis Enrique Bacalov e cantata nel 1962 dal grande Sergio Endrigo, che ne fu anche l’autore del testo. La versione di Samaritano lascia la canzone tutto sommato inalterata; la modifica musicale più evidente è il rallentamento del ritmo, che la porta verso lo slow foxtrot. Il testo parla dell’amore come valore etico centrale, come riferimento che supera il carattere effimero delle “tante cose” che la gente possiede nella vita, e richiama l’attenzione verso l’amore esclusivo, monogamo, quello che praticamente rimane dopo che tutte le illusioni svaniscono: “Io mi fermerò e ti regalerò quel che resta della mia gioventù”…

Un altro brano nato come valzer e trasformato in slow foxtrot è “Lontano lontano”, creato e cantato nel 1966 da Luigi Tenco e reinterpretato qui da Samaritano con Vittorio De Scalzi dei New Trolls. Nella parte centrale di questa versione si può sentire un originale pizzicato di contrabbasso, che forse viene a compensare la sensazione di “rigidità” prodotta dal carattere classico e pacato del brano originale. Vittorio De Scalzi è purtroppo venuto a mancare per via di una malattia nel 2022, alcuni mesi dopo aver registrato questa canzone che parla del ricordo affettivo lasciato nel cuore di una donna da parte di un uomo – Luigi Tenco – allontanatosi da questo mondo prima del tempo… Chissà se si tratta di una coincidenza puramente casuale oppure c’è una determinazione al di sopra della nostra razionalità…?

L’anno 1967 porta con sé l’aria fresca del beat, rappresentato anche dai ragazzi dell’Equipe 84, definita da John Lennon come “la band italiana più in linea con i tempi”. Il loro “29 settembre” – scritto da Lucio Battisti e Giulio Rapetti Mogol – abbonda di vitalità giovanile e all’epoca fu soprannominato il “Sergeant Pepper’s tricolore”. Nella raccolta “Convergenze”, il brano viene cantato da Samaritano insieme a Gianni Donzelli degli Audio 2, accompagnati brillantemente dal gruppo strumentale jazz che riesce a dare alla canzone una nuova vita e la rende forse più fluida e più scorrevole rispetto alla versione originale, suonata con gli strumenti e nelle condizioni audio che si avevano a disposizione più di mezzo secolo fa. La canzone racconta della spensieratezza (molto simile all’amnesia dissociativa, si direbbe oggi) di un ragazzo che tradisce la propria fidanzata andando con un’altra donna, senza ricordarsi più niente il giorno dopo. Sia il testo, che le caratteristiche musicali di “29 settembre”, totalmente diverse da quelle delle canzoni precedenti in ordine cronologico, sono dei segnali che preannunciano le grandi trasformazioni sociali, risentite anche a livello soggettivo e sentimentale, che stavano per accadere dal 1968 in poi.

Infatti, gli autori dell’album “Convergenze” – consapevolmente o no – evitano di interpretare canzoni nate nel travagliato e affascinante periodo degli anni ‘70, andando direttamente nel 1981, del quale scelgono la canzone “Caffè nero bollente”, proposta a Sanremo da Fiorella Mannoia e qui interpretata da Samaritano in duetto con Mimmo Cavallo, uno degli autori del brano. Nel mondo in cui ci porta “Caffè nero bollente”, l’amore indossa un vestito che ben poco ha a che fare con quello in cui si presenta in brani come “Guarda che luna” o come “Io che amo solo te”: è il vestito della donna che “ammazza il tempo”, che si abbraccia da sola e che si vuole liberare dalla “casa-galera” in cui la tiene “prigioniera” un uomo da lei percepito come insensibile. “Io non ho bisogno di te, perché io non ho bisogno delle tue mani, mi basto sola”.

Un amore insicuro in una vita priva di progettualità ci viene presentato sotto una luce romantica da Nino Buonocore, che nel 1987 partecipa al Festival di Sanremo con il brano “Rosanna”. Qui la canzone viene interpretata da Samaritano insieme all’autore, esaltando lo spartito di tromba, presente in maniera più timida anche nell‘originale. Nella versione Samaritano-Buonocore, la canzone “Rosanna” esce anche insieme a un video (diretto da Gabriele De Palo e Giulia Costumati), vincitore del 1st Monthly Film Festival di Belgrado (come “video musicale con uno stile estetico e visivo unico nel suo genere”) e nominato al Rome Independent Prisma Awards per la categoria Best Music Video. Oltre alle frasi del testo (“Rosanna, io vivo come te, fuori da ogni domani”; “Cerco di crederti” ecc.), anche alcuni elementi presenti nel video fanno pensare al destino precario dell’amore nella società odierna: i due giovani sempre in viaggio, il camper al posto di una casa…

Nel noto brano “Felicità”, uscito inizialmente sull’album “Dalla/Morandi” nel 1988, Lucio Dalla giustamente s’interroga “su quale treno della notte passerà” la felicità e mentre s’interroga, già sa che passerà e che “come sempre, in fretta” non si fermerà. Un altro testo le cui parole sono definitorie per i tempi che stiamo vivendo negli ultimi decenni, tempi accelerati rispetto a quelli naturali del corpo, che costringono alla superficialità e all’infelicità. Samaritano ripropone il brano “Felicità” in duetto con Pierdavide Carone, sicuramente non per caso, bensì come omaggio del giovane Carone al grande Lucio Dalla, che nel 2012, qualche settimana prima della sua scomparsa, scrisse insieme a lui la canzone “Nani”, classificata al quinto posto nel Festival di Sanremo.

Una quasi “naturale” somiglianza tra il corteggiamento amoroso e il mondo degli affari si può osservare ascoltando il testo del brano “Il gioco delle parti”, scritto da Mariella Nava e cantato da Mietta nel Festivalbar del 1991, qui interpretato da Samaritano insieme all’autrice. L’amore viene chiamato “un affare allettante”, lei dice a lui “Sali come quotazioni in borsa”, l’incontro d’amore viene visto come una corsa, addirittura come uno slalom… e altri simili elementi, in linea con lo spirito dei tempi. Dal punto di vista musicale, giova decisamente al brano la sua “metamorfosi” dal pop al jazz, con un’aggiunta di sassofono davvero sensuale e intrigante.

Dell’anno 1995 viene scelto il brano “La casa del pazzo”, scritto e interpretato dal compositore Rosario Di Bella e inizialmente facente parte dell’album “Esperanto”. L’amore è presente anche qui, ma in forma estesa: l’amore per l’essere umano in generale e per la sua fragilità. Il testo della canzone tocca la delicata problematica del disagio psichico e in qualche modo richiama all’attenzione del pubblico l’insufficiente progresso compiuto dalla psichiatria sulla via della deistituzionalizzazione iniziata negli anni ‘60 dal medico Franco Basaglia. Rosario Di Bella praticamente descrive e racconta la vita quotidiana condotta da una persona affetta da disabilità psichica e fa molta impressione il momento in cui, nel mondo abituale nel quale quest’uomo vive con la sua moglie, irrompono degli operatori che lo portano via: “All’improvviso due camici bianchi e una strana ambulanza, con un sorriso lo fecero uscire per dargli una stanza”. È una lodevole scelta da parte dei produttori di “Convergenze” quella di aver riproposto questo brano proprio su un disco il cui protagonista è l’amore.

La canzone “Adesso con chi stai?”, scritta inizialmente in una versione che ricorda lo stile latino-americano da Mario Venuti e inclusa nel suo album “Mai come ieri” del 1998, viene qui interpretata da Samaritano insieme all’autore in una nuova veste jazz swing. Questa nuova versione esce prima come singolo, accompagnata da un video che è stato premiato con una menzione d’onore al Prague International Monthly Film Festival 2021. Il testo racconta di una storia d’amore finita, dopo la quale l’uomo si vuole distrarre, si vuole liberare dai pensieri per non soffrire più il lutto; infatti, nel video compare la figura di un pagliaccio che cerca di aiutarlo in questo senso. C’è da notare il modo in cui viene percepito l’amore nel testo di “Adesso con chi stai?”, decisamente diverso da quello presente nelle canzoni della prima metà del secolo scorso: la coppia di cui l’uomo si ricorda con nostalgia vive la relazione soprattutto come divertimento, tra la crema Coppertone, il baciarsi distesi all’ombra di una barca e i coni gelato da passeggio, “per il corso avanti e indietro”, mentre il sesso viene esplicitamente nominato e vissuto come un gioco fra i tanti, quindi non più come una cosa seria e naturalmente identificata con l’amore (“Per te il sesso è ancora gioia oppure soltanto noia?”).

Il cantautore Antonio Calò (in arte, Bungaro) presenta su questo disco, insieme a Samaritano, una versione abbastanza simile all’originale del suo brano “Guardastelle”, all’inizio facente parte dell’album “L’attesa” e partecipante al Festival di Sanremo del 2004. Le stelle, guardate dall’autore insieme a un amore o a un amico (“insieme a te”), fanno pensare alla fantasia, all’attesa, al desiderio (infatti, c’è un nesso tra le parole “siderale” e “desiderare”) e soprattutto alla speranza: verso la fine del brano, Bungaro si riferisce a “una speranza sospesa, tra la scienza e la guerra”, quindi la speranza viene vista dall’autore come una terza via, probabilmente quella salvifica, che si potrebbe scegliere tra le due (scienza e guerra) oggi predilette dagli uomini.

Un’ondata di sana allegria arriva insieme al brano “A chi mi sa dare musica”, scritto e interpretato da Lello Analfino, celebre cantautore agrigentino e front man dei Tinturia, nonché volto televisivo frequentemente ospite nella trasmissione “Giusina in cucina” della giornalista Giusi Battaglia. La versione originale della canzone, vicina allo stile reggae, fa parte del disco “Di mare e d’amuri” (2008), appunto del gruppo Tinturia, ed è interessante come Samaritano e gli altri produttori dell’album “Convergenze” riescono a trasformarla fino a farla diventare un perfetto slow foxtrot, da ballare in abito lungo da sera e frac, come se fosse stata creata un secolo prima… E già: che significa un secolo per la musica, per l’amore e per l’eternità…? (Magda Vasilescu)