UNIVERS ZERO  "Lueur"
   (2024 )

Gli Univers Zero si sono formati nel 1974, si erano sciolti nel 1987 e riformati nel 1999. “Lueur”, uscito per Sub Rosa Records, è il nuovo album, che ci proietta nel loro universo d'avanguardia progressive. Con loro siamo nell'ambito dell'art rock più ambizioso, quello che attinge non solo dalla musica leggera ma anche dalla musica da camera. E non è solo un modo, per dirla alla Bowie, di unire la musica “alta” e quella “bassa”. No, la band belga vuole restare alta e basta. Non per niente, nel 1978 fecero parte del collettivo Rock In Opposition, apertamente schierato contro le ondate punk, new wave e disco. Quindi, zero compromessi!

Addentriamoci.

Rumori industriali e psichedelici aprono il disco, nell'introduttiva “Migration vers le bas”. Poi arriva il primo brano lungo (9 minuti e mezzo), “Sfumato (part 1), che continua la staticità dell'introduzione, avviandosi tramite un organo che, con le sue modulazioni, ha reminiscenze di “Watcher of the skies” dei Genesis. E già iniziando in questo modo, potete ben capire a che piano alto stiamo andando, con l'ascensore. Dopo un breve intervento di voce in falsetto, al terzo minuto scatta la batteria, che apre la parte centrale del brano, che è strumentale (come quasi tutto il disco).

“Cloportes” è caratterizzata da un vorticoso riff di clarinetto, pianoforte, xilofono e fisarmonica, sostenuti da un marcato ritmo di batteria. Più oniriche le atmosfere di “Rolling eyes”, su un ritmo in 6/8 e su progressioni tutt'altro che scontate, fino all'esplosivo assolo di chitarra elettrica. Una sorta di “allarme rosso” di tastiera, avvia l'inquietante “Axe 117”, un ambiente industriale ostile, con una sinistra voce: sembra che un neonato stia gattonando tra i nastri trasportatori d'una fabbrica d'armi!

“Sfumato (part 2)” diventa ancora più marziale, dove la batteria alterna un ritmo di marcia al rullante a fill diversi, mentre i suoni elettrici della chitarra diventano minacciosi. Anche quando il brano sfuma davvero, non restiamo tranquillizzati. Ed entriamo così nei cupi colpi percussivi di “Wavering”, affiancati da suoni surreali di fisarmonica, e pianoforte. Tutte queste sono descrizioni di brevi frammenti, perché i brani sono davvero complessi e colmi di sfaccettature.

Vale anche per i brani più brevi, come “La tête à l'envers”, che dura 1'49”, ma le cui soluzioni ritmiche e timbriche sono molteplici. Con “Mister Chung”, le risonanze di basso clarinetto, coi suoi armonici, diventano la base per un pezzo simil – new age, con tanto di campanella per la meditazione. La sensazione di suoni da sogno continua con “Dartafalk”, tra fisarmonica e glockenspiel, e... ancora dissonanze, su un tema pieno di cromatismi, che però poi si fa tonale e quindi più “amichevole”, con vivacità. La “Coda” infine, riprende le modulazioni à la Genesis dell'introduzione, ma stavolta sono accompagnate energicamente da batteria, basso e chitarra.

Per chi non li conosceva, gli Univers Zero sono una scoperta obbligatoria! Un tassello in più nella musica contro il grigiore e il conformismo discografico. (Gilberto Ongaro)