REINHOLD FRIEDL & MARTIN SIEWERT  "Lichtung"
   (2024 )

Nelle tre composizioni che danno vita a Lichtung (uscito per Karlrecords) Reinhold Friedl, pianista con un centinaio di dischi all’attivo e con un posto preminente nella scena avanguardistica, e il membro dei Radian e dei Trapist Martin Siewart, prolifico e innovativo chitarrista con base a Vienna qui anche agli strumenti elettronici, collaborano al fine di costruire un’impalcatura sonora ambiziosa e variegata che solo due musicisti così diversi tra loro eppure così affini nel modo di intendere il suono e il ritmo potevano creare.

Incorniciato da due brani lunghi – ventiquattro minuti quello di apertura, sedici quello di chiusura – e con al centro un pezzo più breve ma altrettanto intenso e spiazzante, Lichtung è il frutto più intrigante e maturo che la collaborazione tra due artisti così differenti tra loro e così versatili poteva partorire. Si tratta di un progetto che sa unire al suo interno, con sapiente e raffinata ostinazione, l’elettronica, il krautrock, il jazz contemporaneo e la sperimentazione avanguardistica più frammentaria e coraggiosa riuscendo a raggiungere un sorprendente e precario equilibrio che convince e che appassiona.

Come dimostra sin dalle prime battute “Genese”, pezzo che apre il sipario e che, puntellato da sinistre frequenze industriali e avanguardistiche e da punture pianistiche che sembrano quasi rintocchi di campane, crogiolante in un’arida steppa di vibrazioni spaventose che paiono uscite da una fabbrica o dagli inferi, elettronica e musica concreta formano probabilmente le fondamenta più solide e sotterranee del progetto; sopra di esse si muovono ritmi e note tanto cruciali quanto incerti, presi in mezzo tra bombardamenti e graffi e consegnati a un indefinito sonoro incespicante e disagevole. È in questo modo che i due musicisti scelgono di affrontare insieme questo percorso affascinante e complicato, un sentiero tetro e cupo che, dopo “Genese”, evolve come un mostro indemoniato nelle pieghe della più breve “Gestade”, polverosa e malinconica, o della lunga e caracollante “Gesichte”, dove artigli di chitarra e fulminanti accenni di pianoforte galleggiano in un acquitrino di lamenti sonori tremebondi.

Negli angoli più bui e irraggiungibili della sua crescente e deformata spazialità Lichtung dimostra di essere la più sincera e vivida testimonianza che la collaborazione tra i due musicisti che l’hanno meditata e poi eseguita poteva produrre, un’opera lucida e coraggiosa, che non sceglie mai soluzioni semplici o prevedibili per tentare di descrivere, con un occhio tanto critico quanto tremendo e pessimistico, la complessità del mondo e la tentacolare rete dell’universo musicale di cui il disco prova a farsi portavoce o forse duro oppositore. È nei suoi frigidi e apocalittici panorami sonori che Lichtung trova la sua dimensione, e nei rumori e nei silenzi che sa opporre e far convivere. (Samuele Conficoni)