ZERO.55  "L'aria che tira"
   (2024 )

La cosa che più mi ha incuriosito dell’Ep ''L’Aria che tira'', degli Zero.55, è stata l’ultima canzone e cioè la cover del brano ''Un giorno dopo l’altro'' di Luigi Tenco, cantautore e polistrumentista italiano morto suicida a soli 29 anni nel 1967 a San Remo, considerato dai critici come uno dei più importanti cantautori italiani.

Gli Zero.55 lo rileggono a loro modo, con arrangiamenti minimali, essenziali, scarni e con una interpretazione molto sentita, a cui vengono cuciti degli echi industrial ed un approccio ambient che ne rendono la modernità, nonostante sia un brano del 1966.

Mi rimangono invece in mente due versi di “Ci sono cose che non ho mai detto”, il primo brano dell’Ep, e cioè “Vivere l’oggi è la scelta intelligente” e “non mi cercare, sono già fuggito”, due versi della canzone che vedo in contrasto tra loro, anche se, come suggeriscono gli stessi Zero.55, è il dialogo e la comunicazione la scelta giusta da compiere, in certi difficili momenti.

Nel "fuggire" la sezione ritmica segue pedissequamente il testo, basso e chitarre viaggiano su arrangiamenti certamente estranei ai power chord, figli dell’esigenza comunicativa nelle intenzioni musicali del combo. Lo stile è avvicinabile a quello che certi Southern Death Cult (poi Cult, con scelte stilistiche molto diverse) portavano in giro per il Regno Unito nei primi anni ottanta.

Infatti la storia di questo gruppo toscano, gli Zero.55, parte dal lontano 1984 e fa del rock d’autore la sua essenza primaria. "Chi sono io", il secondo brano, sfrutta una intro di basso dal sapore quasi synth e con la voce del cantato quasi più declamante, che non cantata; l'organo che sembra un mellotron, addolcisce il brano nel ritornello.

Lo stile del gruppo è intriso di quel post punk new wave e ad un cantato a tratti istrionico, a tratti più melodico. "Flowers" probabilmente è il brano che più si avvicina al pop di massa, complice forse la tematica apparentemente bucolica, con "vivere il presente perché poi un giorno tutto finirà" come idea che rimane sempre sullo sfondo.

"We feel alive" rimarca le connotazioni fin qui espresse, sia per la punteggiatura musicale, che per suoni e produzione. Purtroppo il lavoro di scrivere e registrare i cinque brani viene dall’esigenza di metabolizzare la morte del bassista Marzio Bianchini. E per dare un senso di continuità, dal passato verso il futuro, ci si è avvalsi della produzione artistica di Francesco Fanciullacci, polistrumentista che ha curato gli arrangiamenti ed i suoni di tastiera. La formazione, Roberto Miscali (voce), Silvio Brambilla (batteria), Roberto Conti (chitarra), Stefano “Zio” Battaglia (basso) e Andrea “Gallo” Gallinella (chitarra), dà alla luce questo Ep rendendolo disponibile in CD e digitale per la RadiciMusic Records.

Le registrazioni sono avvenute presso lo studio +POsitivo di Prato, dando ampio spazio alla presa diretta o registrando le basi strumentali praticamente dal vivo, sovraincidendo soltanto le voci e a qualche linea di tastiera e percussione, come ci spiegano. Il missaggio è avvenuto presso lo Studio Emme di Calenzano (FI) ad opera di Marzio Benelli. Un Ep interessante, soprattutto per il genere in cui affonda le radici lo stile di questo quintetto, auspicando che possano progredire e sviluppare il discorso qui accennato. (Johan De Pergy)