AZIZA BRAHIM  "Mawja"
   (2024 )

Ci sono storie che ti colpiscono al di là dei contenuti musicali e per le quali si nutre, già in premessa, una lode incondizionata. Quelle di Aziza Brahim è una di quelle vicende che parte da un vissuto complicato, essendo passata dapprima dall’aver subìto con la famiglia l’esilio dal Sahara occidentale, per poi crescere in un campo per rifugiati in Algeria.

Ma, durante questa esperienza dura, fu colpita dalle onde radio che giravano nell’etere, definite mawja, e, stregata da tutto ciò, la giovane Aziza passava molte ore ad ascoltare musica. Oggi, che titola il suo quinto album “Mawja” (uscito per Glitterbeat Records), ne capiamo il motivo.

Un’opera, questa, che abbraccia notevoli influenze di afro-blues, world, e che cattura un’attenzione immediata per la raffinatezza con la quale Aziza sa plasmare benissimo tutti gli ingredienti sonori messi in atto nei 10 brani in elenco.

Brani che si schiudono con il formidabile afro-funky di “Bein trab ulihjar”, per poi passar la mano di gioco all’oriental-pop di “Thajiba”, lasciando più di un solco d’oca sulla pelle, mentre la reggaeggiante “Marhabna 2.1 sfodera un ulteriore eclettismo assemblativo.

Invece, “Bubisher” cola di resina sudamericana (che ammalierebbe un certo Carlos Santana), mentre il mood ci catapulta all’interno di venature d’Africa nella seguente “Ljaima likbira”.

Encomiabile attivista da anni, Aziza rende omaggio nella tracklist alla sua mentore ispiratrice Ljandra, nonna deceduta un paio d’anni fa e che la incitò e guidò nell’impegno per la causa del popolo del Sahara occidentale, che Aziza non ha mai dimenticato pur non essendo più fisicamente nei posti d’origine.

Chitarre pizzicate con dolcezza sono l’ottima cornice che inquadra la leggerezza sonora della titletrack, mentre ci si deve inchinare alla grandezza dell’afro-blues di “Metal, madera”, uno degli apici del menù etnico servito in un desco (e disco) di grande livello.

Sigilla il tutto, enunciandolo con la sua adorabile voce, il trattato latin-world di “Fuadi”: cinque minuti dal grande effetto orientaleggiante. Insomma, tra impegno ed arte pregiata, “Mawja” vi toccherà il cuore nell’imo, ringraziando per l’ascolto dedicato. Album imperdibile. (Max Casali)