SARA PARIGI  "Stanza"
   (2024 )

Dopo l'esperienza alt-rock nei Lady in The Radiator (nome di lynchana memoria), esordisce solista Sara Parigi, con l'album “Stanza”, uscito per Viceversa Records e prodotto da nientemeno che Alessandro Fiori. La sua musica incrocia melodie oblique con suoni elettronici sperimentali, arrivando a un art-pop a metà tra il sintetico e l'acustico. Può ricordare un po' gli esperimenti di Goldfrapp e Moloko, senza però la componente da ballo di questi ultimi.

Introspezione e visionarietà caratterizzano i testi. L'ispirazione parte da qualcosa di dentro che si diffonde rampicante, infatti l'album è aperto da “Edera”: “Come una radice, come edera fiorisce. Karenina. Non mi basta mai la luce di questa stanza, l'hai accesa con gesto gentile come te (…) Distruggi quello che è irreparabile”. Il mondo di Morfeo è centrale. Ad esempio, in “Abbraccio”, Parigi canta: “Sposami in un sogno, non ci vedranno navigare, riposare tra le scogliere. Sposami in un sogno, oggi posso fare tutto (...) Come se non ci fosse più distanza fra noi, dimenticami se vuoi”. La melodia è condita da pause insolite, e ripartenze dove la voce spinge un po' le note, non esagerando come fa Björk, ma verso quella direzione lì.

È stata scelta “Rive” come primo singolo, forse per la forza evocativa delle parole: “Ti guardo affondare, li sai spiegare, i solchi del mio cuore, terra che si divide”. Il videoclip barcaiolo ci fa affondare, mentre Sara Parigi ci guarda da sopra l'acqua. Questo brano ha un particolare arrangiamento di sax sintetici (cioè di tastiera), che con il loro smorzarsi innaturale, garantiscono un'atmosfera surreale.

“Animale” affronta l'ansia, l'inquietudine che blocca la protagonista: “Nessuno mi fotte meglio di me”. Per “Nina”, l'elettronica spinta si sospende, in favore di un brano più etereo. “Gola” entra nelle maglie di un rapporto di coppia ormai inaridito, fatto solo dai “mi dispiace”, mentre in “Tornado” l'agitazione si fa più intensa. Ed evocando appunto il tornado nel ritornello, un synth fa scivolare (pitch) dei suoni, scelta tipica quando arriva un tornado in musica (mi viene in mente il “Tornado” di Dj Tiesto!). E come in “Animale”, lei si danneggia da sola, anche qui lo ricorda: “Ero delittuosa su di me, idea di distruzione (…) da domani mi perdonerò, ora è dolce l'abbandono”.

Altro brano che scruta l'abisso è “Pelle”, pezzo che Fiori condisce con l'harmonium, e sembra avviarsi un cambiamento profondo: “Si rivestono scintille sulle nostre abitudini, si erodono i paletti delle nostre pelli fragili”.

E alla fine, se prima Sara Parigi guardava qualcun altro affondare, ora è lei che in “Piccola orchestra” nuota sott'acqua. Le sembra di sentire nel suo “pesante cuore, un'orchestra che fa...”, e lì parte il mellotron, a imitare l'orchestra. Tante suggestioni sonore e testuali, in questa “Stanza”, dove lo “Specchio” rivela molti più volti in una sola persona. (Gilberto Ongaro)