MARCO W LIPPINI  "Simple stories"
   (2024 )

Marco W Lippini riesce a vivere delle proprie passioni. Sbirciando alcune interviste, leggo che era sommelier di vino, ma che ha da poco smesso. Cantautore classe '82, suona da 20 anni, e nel suo sito scopro anche che è operatore di 2° livello del trattamento Bowen omeodinamico. Ah, e gestisce anche un podcast che tratta di alimentazione, agricoltura e arti applicate. Insomma, tante attività!

Nello specifico musicale, il suo percorso si sta gradualmente ammorbidendo, partendo dal rock elettrico e giungendo a un folk acustico intimista. “Simple stories” è il nuovo album, che è come un biglietto di presentazione di Marco W Lippini in toto. Anche se la direzione è quella intimista, si sente la provenienza dal rock. Ad esempio, nella canzone di apertura, “The catcher”, si nota che c'è stata la decisione di eliminare una batteria preesistente. O, se la canzone è stata pensata da subito senza batteria, sembra di sentirla, per la struttura ritmica degli accordi che la richiama.

L'album alterna cinque canzoni in inglese, a tre in italiano. Con “Chinatown”, la lingua tricolore ci accompagna nel quartiere asiatico: “Ti porto a Chinatown, non ho un soldo ma ti basterà (…)”. Mi chiedo come mai consideri un giro a Chinatown “apotropaico” (cioè che allontana dal maligno, come un ferro di cavallo). La direzione stilistica si palesa in maniera più definitiva con “Simple Great Food”. Con questa ritmica moderata e tranquilla di percussioni, che unisce ukulele e chitarra acustica, condite da notine di elettrica, Lippini accompagna parole di privazione e desideri semplici: “I want to walk but I'm at home, I want to talk but I'm alone (…) I want to swim, there is no sea, I want to see, I close my eyes”.

La filigrana resta morbida anche con la batteria più decisa di “Naked eyes”, dove l'alt rock ricorda la temporalità della vita: “For a time, you were born in this life (…) don't say you try”. Questo guardando negli “occhi nudi”: fare o non fare, non c'è provare! (Yoda dixit...). E, pensando alle bollette care, alle colline e facendo la doccia, ecco il racconto di “Sophistication”. Ci sono sempre quelle notine di chitarra elettrica (qui più country) che arricchiscono la canzone principalmente acustica. Il titolo ricorda un detto di Leonardo Da Vinci, che ha ispirato il cantautore toscano: “La semplicità è la suprema sofisticazione”. E qui, conclude: “With your eyes you can see reality”. Semplice e vero, almeno per chi non crede a tante ambiguità, tagliando tutto col rasoio di Occam.

Ma questo pensiero semplice, è dato forse dal fatto che Lippini sta osservando quello che lo circonda, e applica una filosofia di vita. Quel che vive non lo dimentica, anzi ogni passo è prezioso, come canta in “H Pays”: “Lots of people don't understand, take it easy, how precious are your steps”. E che bel basso si sente, in questo pezzo!

Baccini scrisse “Penelope” per la sua gatta, e invece Lippini per il suo micio scrive “Gattona tu”, partendo dai movimenti del felino per arrivare a riflessioni più estese: “Gattona tu, mordi le mie mani, gattona tu, ti infili nei divani, e difendi la coscienza conquistata nei millenni. La tua dignità non ha pari, se la compariamo a certi ariani. Gattona tu, regoli la vista, gattona tu, sei la terapista”. È vero, e scientificamente provato, che accarezzare un gatto (se è tranquillo!!!), fa dimenticare per un po' i problemi, perché ci si connette con il suo modo di vedere le cose. Ma Marco paragona la dignità del gatto a quella dei prepotenti (“ariani” è riferito ovviamente ai nazisti) di ogni epoca; la nostra tracotanza contro gli altri, della nostra stessa specie, ci toglie dignità come esseri viventi. Un gatto bianco può combattere un altro gatto che gli dà fastidio, ma di sicuro non studia un modo per ammazzare tutti i gatti arancioni...

L'umano dà il meglio di sé, quando si applica in coscienza, conoscenza e scienza. Ed ecco che l'album si chiude con “Oasi naturale”: “Oasi naturale tropicale, con le antenne ritte nelle palafitte ad osservare specie animali, e a contemplare piante solari. E tu, vuoi parlare o aspettare, come nuvole nell'aria, come le ghiande sulla quercia, come l'humus nella terra, come la pace nella guerra?”. In quest'ultima canzone, Lippini ha raggiunto la forma acustica e intima più pura, ed emerge la sua volontà di contemplazione. Le colline toscane di sicuro aiutano a raggiungere questa condizione (io sto scrivendo dal cemento della pianura padana, anche se i bei Colli Euganei dietro di me mi rendono giustizia, per fortuna).

È vero, la semplicità è tutt'altro che semplice da raggiungere. Quando si raggiunge con facilità, diventa banalità, ovvietà controproducenti. È il faticoso percorso che porta ad essa, a renderla piena di saggezza, e che elimina la fastidiosa retorica all'espressione “semplicità delle piccole cose”. (Gilberto Ongaro)