TONTON MACOUTE  "Tonton Macoute"
   (1971 )

Proseguo nel mio segnalare delle autentiche perle perdute nel tempo che avrebbero meritato (e meritano) una maggiore attenzione da parte degli amanti della musica.

In questo caso parlerò di una band inglese che risponde al nome di Tonton Macoute, la quale nel 1971 pubblicò il suo primo ed unico album dall’omonimo titolo per l’etichetta Neon Records, lavoro che in seguito fu oggetto di ristampa in vinile nel 2001 da parte dell’etichetta Akarma Records, mentre nel 2017 usci una “revisited edition” in doppio cd per la Wasabi Records la quale contiene alcuni brani registrati successivamente e rimasti inediti.

Il lavoro risente decisamente del clima musicale dell’epoca e si materializza in un sound che potremmo definire jazz prog, dove le influenze dei grandi del genere sono evidenti e molteplici e contribuiscono a dar vita ad un magma sonoro che però denota, a prescindere da ciò, una percepibile e spiccata personalità artistica di Paul French e compagni.

Le innumerevoli contaminazioni danno dunque forma concreta a ottime idee e ne vengono fuori brani di notevole impatto e fascino, dove il quartetto composto dal già citato Paul French alla voce e tastiere, Gavin Wilkinson al basso e chitarre, Dave Knowles ai fiati e Nigel Reveler alla batteria e percussioni si rende responsabile di una esecuzione impeccabile e onestamente sincera e sentita.

Già dal brano che apre l’album, ''Just Like A Stone'', ci troviamo catapultati in una iniziale dimensione di distesa serenità, complici i delicati dialoghi tra chitarra e tastiere, per dopo approdare in un clima sonoro squisitamente west coast, fino ad essere poi trasportati in una sorta di etno jazz-prog folk dove la ritmica ed il flauto dirigono le danze.

Il brano seguente, dal titolo ''Don’t Make Me Cry'', si avvale di uno squisito groove di organo Hammond il cui uso e le cui sonorità, specie nella prima parte della song, ci portano alla mente uno dei più prestigiosi pionieri dello strumento, il geniale Brian Auger. Il brano è composto da diversi episodi dove trovano il loro spazio solista molteplici strumenti tra cui un delizioso flauto, il piano elettrico e lo xilofono, ciò a sottolineare la varietà di atmosfere con le quali i Tonton Macoute si vanno a misurare con risultati decisamente apprezzabili.

Seguono ''Flying South In Winter'', dove si affacciano sonorità esotico orientali esposte in quel modo gentile come solo i Camel dei primi album sapevano fare, la jazzata ''You Make My Jelly Rock'', con interventi di sax alla Van Der Graaf Generator, e in chiusura il pezzo più propriamente prog dell’album, la mini suite divisa in due parti ''Natural High'', dove anche qui gli interventi del sax ci ricordano il grande David Jackson.

Con tanto jazz rock, rimembranze westcoastiane nell’uso dei cori, un pizzico di Traffic (oltre alle già citate influenze), ''Tonton Macoute'' è un bellissimo album ricco di piacevoli e intriganti sorprese tutto da (ri)scoprire. (Moreno Lenzi)