CHARLES ONYEABOR  "Like father like son"
   (2024 )

Se il titolo recita espressamente “Tale padre, tale figlio” un motivo ci sarà, no? E allora, il nigeriano Charles Onyeabor di chi è figlio? Esattamente del grande musicista William che (ahimè!) ci ha lasciati sette anni fa, ma ha cresciuto il piccolo Charles nella totalità della sua musica, a tal punto quest'ultimo che sta seguendo eccellentemente le orme paterne.

In carnet, finora, c'erano solo una manciata di singoli, ma era ormai maturo il tempo di raggrupparli nell’album d’esordio “Like father like son”, servito (complessivamente) con ben 20 portate dal gusto folk, R'n'B, afrobeat, hip-hop, ed effigiato da una bella copertina, nella quale sono visibili un leone col suo cucciolo (chiaro riferimento, rispettivamente, alla figura del padre e alla sua).

I primi grandi segnali di tribalismo-lounge sfavillano in “Feeling good”, “Anyl No O Na-Eme”, “Charlie” e nella notevole“Grateful”, che atterra sulle piste dei Lighthouse Family (quelli di “High”), mentre la sestina di duetti centrati con Vic2kul (“Come and Roll”) , Emeka Onyeabor (“Low”), Evry (“We all need more love”), Miryam Taylor (“They can’t pull us down”), Magnito (“Like father, like son”) e Creep Giuliano (“Still your baby”) danno spessore ad una scaletta, già di per sé, alquanto rimarchevole.

Poi, dal mazzo, Charles cala un “Jolly” decisamente futuristico e godibile. Tra afrobeat e pruriti hip-hop, svetta la viscerale “Bye bye to my ex love”, mentre la perlina jazz-funk “Dance your trouble away” s’inanella di diritto nell’elegante collana della tracklist, che invita a muoversi e lasciar stare tutte le menate inutili: e, quando vuole raggiungere espressioni corali, l'artista ti serve sul piatto d’argento “Loving till the end” con brivido incorporato, che risentirete sulla pelle in ogni ballad-station.

Signori, per chiuderla qui, bastano semplicemente due parole: gran disco! (Max Casali)