CHIARA ATZENI  "Esodo"
   (2024 )

La cantautrice Chiara Atzeni, dopo il singolo “Esodo” del 2021, arriva ora a pubblicare il secondo LP che porta lo stesso nome, uscito per MaBa Edizioni. L'esodo a cui fa riferimento Atzeni è quello giuliano-dalmata, tanto che nella titletrack cita l'anno 1949, che fuga ogni equivoco.

È un concept album, dove molte canzoni sono introdotte e/o concluse con rumori di nave e d'acqua, e proseguendo nel disco, in questi momenti d'ambiente si aggiungono gradualmente più rumori, come il suono delle campane, e nel finale un elicottero. Quest'ambientazione fa da sfondo ai racconti di Chiara, le cui canzoni viaggiano in un pop rock sincopato, spesso in 6/8, tempo frequentemente utilizzato, quando si sceglie una direzione narrativa.

Accanto alla band c'è anche un quartetto d'archi, a impreziosire la tessitura degli arrangiamenti. “Esodo” apre l'album cantando un ricordo di disorientamento: “Non ricordo di preciso il giorno in cui, affacciata alla finestra, non riconobbi la mia terra”. L'album poi finirà con un recitato, “Cosa è casa”, dove Atzeni nomina Neresine, frazione di Lussinpiccolo, in Croazia, dove il disorientamento diventa consapevolezza: “Noi che siamo volti e non bandiere, storie differenti ma non contrarie”.

La cantautrice riflette sul concetto di confine e conquista: “L'infausto tentativo (…) di fare nostro quello che non ci appartiene”. Nella prima canzone, descrivendo la partenza forzata, racconta di una scatola di legno che contiene i ricordi, e poi nell'album ci sono due momenti strumentali, chiamati “Dalla scatola di legno, parte I” e “Dalla scatola di legno, parte II”. Nella prima parte, il quartetto d'archi alterna crescendo e decrescendo, simulando le onde, mentre un suono di tastiera insiste su una nota, fino a distorcersi. Nella seconda parte, si fanno notare i bei giri di basso elettrico, oltre che le note di ukulele, suonato da Atzeni come un'arpa.

Le altre canzoni vagano alla ricerca di persone perse di vista, e amicizie. “Dove sei”, “Ronco”, “Amica”, dedicano le parole alle scelte difficili degli altri: “Ci vuole coraggio, a lanciarsi in mare aperto e non voltarsi più (...) Fra le mani rotte, le vene gonfie, legittimavi i tuoi sogni e pagavi disfatte (…) i sogni che concepiamo sono figli della realtà che mangiamo (…) E ti ho vista tifare per me, mentre le tue certezze cadevano sotto una realtà più forte del tuo volere. Ehi amica mia, permettimi di esser banale, se ti dico, tu guarda il sole anche nel temporale”.

“Hai mai notato che gli addii” insiste su questo momento di separazione, scandagliando le emozioni che esso comporta: “Hai mai notato che gli addii sono sempre diversi da come li immaginiamo. Sarà l'istinto di conservazione, sarà l'aspettativa di cui le carichiamo (…) Sarà che quando misuriamo la parola fine tutto si colora di un romanticismo inaspettato, sarà che forse non è nemmeno meritato”. Un lento pop rock, dal basso che ancora una volta si fa notare, dà via a “Immunità”, considerata come un immaginario spazio da abitare, dove la cantautrice si nasconde: “C'è qualcosa di romantico nel cullarsi negli errori”.

Chiara Atzeni ci racconta così una storia tragica di tante persone dimenticate, il cui ricordo purtroppo è spesso sporcato da una oscena politicizzazione senza scrupoli. Per fortuna che ci sono artisti che, come Chiara Atzeni, e Simone Cristicchi col suo spettacolo teatrale “Magazzino 18”, riescono a riappropriarsi di questa storia, e restituircela nella sua umanità. (Gilberto Ongaro)