BECK  "Odelay"
   (1996 )

“Odelay” è un crogiolo di suoni e ritmi che si fondono in un linguaggio nuovo e coerente. La prima traccia “Devil’s Haircut” parte con il suo pulsare instancabile, il riff epidermico e accuratamente grezzo, un ibrido indefinibile di pop-rock e rap invischiato in uno stagno musicale policromatico e irresistibile. Una vera perla. I toni cambiano già con “Hotwax”. Una sorta di folk-rap lunatico con intarsi elettrificati assolutamente imprevedibili e pregevoli. Un viaggio allucinato e multiforme di quattro minuti. “Lord Only Knows” si presenta come la ballata ammiccante, così suadente nella melodia e così latineggiante nei ritmi, sempre rivisitati in chiave elettrica. “The New Pollution” parte subito come una canzone speciale. Le ritmiche originali si accoppiano a un cantato variegato e assolutamente affascinate nelle sue parti melense (per assurdo); il pezzo si arricchisce poi di tastiere e sax, dando alla luce a un vero capolavoro di varietà e coerenza. Infatti, pur unendo sonorità distanti e difficili da conciliare, tutto qui risulta naturale, quasi ovvio. Questo è uno dei maggiori pregi di questo lavoro. Altro cambio, “Derelict” è un lento trip psicotico. Eccezionale mix di toni allegri (nelle maracas) e depresso (nella voce). Riesce comunque a rimanere fresco nella sua lentezza; merito dei numerosi suoni in secondo piano e dei cambi di tonalità vocale. “Novacane”, ricamata su una base di suoni densi, esplode nel suo riff secco, unito ai suoni elettronici e alla voce filtrata. Trascinante nel suo incedere tra slanci potenti e momenti di calma; notevole l’assolo sintetico finale. Il carillon fatato di “Jack-Ass”, policromo come sempre, è la calma dopo la tempesta. “Where It’s At” è una ballata elettrica scanzonata, festaiola e spensierata. È uno dei risultati più ibridi del disco, sempre in bilico, senza un punto di riferimento. Il giro di basso di “Minus” si innesta su un tappeto di campanelli e la chitarra blues. Ritmi incalzanti e boati elettrici attraversano tutto il brano; lunatico e irriverente come molti in questo disco. Le dolci melodie come “Sissyneck” non stonano in questo disco. Merito della ricchezza musicale di ogni singolo brano. Qui ad esempio troviamo un giro di chitarra molto orecchiabile e il ritmo tribale. Ma è impossibile descrivere minuziosamente le canzoni di 'Odelay'; sono troppo ricche e variegate per essere catalogate e divise in gruppi. È questa la vera innovazione di Beck; ci costruisce un blocco sonoro enormemente ampio, un linguaggio musicale indefinito ma immediatamente riconoscibile. “Readymade” parte da sonorità svagate per crescere con la chitarra, qui dal suono arrugginito, con le incursioni di tastiere e i fiati che danno il tocco di grazia. “High 5” ha il tipico suono hip-hop, riveduto e corretto da Beck secondo le sue necessità. Troviamo infatti un susseguirsi di trovate geniali; il ritornello sfrontato, la voce filtrata, il ritmo ballabile, le distorsioni di chitarra, l’intermezzo pieno zeppo di suoni sottili e psichedelici. Insomma, un altra straordinaria canzone che va aldilà dei generi musicali. “Ramshackle”, suona molto folk, deliziosamente acustica e delicata. E’ un eccezione trovare una ballata così pura e semplice in un disco che fa della contaminazione la sua bandiera. Il risultato è ottimo, in ogni caso. “Diskobox” è il brano conclusivo, una fulminante scarica di energia hip-hop, accompagnata dal piano classicheggiante e dai suoni da dj. In conclusione, “Odelay” è un disco fondamentale per la musica rock degli anni 90 e in generale è un modello da seguire per quando riguarda la capacità di re-inventare i generi musicali, fondendoli insieme in un modo unico e irripetibile. Beck in questo lavoro dà il massimo e si sente. Tutte le canzoni che lo compongono sono speciali e mai ripetitive. Insomma, un disco vario, bello e innovativo. (Fabio Busi)