FRANCO BATTIATO  "L'ombrello e la macchina da cucire"
   (1995 )

C’è una cosa, forse, che lega Battiato ai Beatles: il modo di cambiare look a seconda del periodo artistico. E così, come i Fab Four modificavano le colorazioni dei propri vestiti o la lunghezza delle loro chiome quando da “She loves you” si passava a “Norwegian wood” o a “Get back”, così anche Francuzzo. Stagliuzzata la barba da asceta musulmano che ne aveva caratterizzato il periodo spirituale, eccolo con camicia fuori dai pantaloni e sguardo da intellettuale alla ricerca di divertissment filosofici. “L’ombrello” è disco ostico, che musicalmente recupera tastiere e cori lirici, sebbene di tutt’altra pasta rispetto ai tempi delle arche di Noè. Ma, soprattutto, si entra nel campo della filosofia nuda e cruda, per il primo esperimento assieme a Manlio Sgalambro, che appare anche in copertina, in una specie di fototessera. Dalle lodi all’inviolato si passa agli inviti a rinviare il suicidio, dalle ombre della luce alla fornicazione, e ai milioni di spermatozoi in un unico orgasmo: è un disco fisico, che addirittura termina con una lunga dissertazione di teologia, rigorosamente in lingua tedesca. Non c’è spazio per il commerciale, e l’ascolto rende perplessi: si termina pensando che, non avendoci capito nulla, non se ne può dir male per non passare come ignoranti. Ma difficilmente uscirà dalla platea un Fantozzi a paragonare “L’ombrello” alla Corazzata Potemkin: gli amanti di Battiato se lo infliggeranno, cercando di carpirne qualcosa ascolto per ascolto, gli altri avranno già cambiato aria. Doveva essere un semplice scherzo musicale per i 50 anni dell’artista (il disco infatti uscì il giorno del suo compleanno), ma il matrimonio sarebbe durato ben di più. (Enrico Faggiano)