FIORI  "Distinti saluti"
   (2025 )

Un saluto da prendere con le pinze, uno di quelli che formalmente si usa per chiudere una lettera di richiesta in attesa di risposte. Ma, se la prima parte la spezziamo in due, incarna l’indifferenza odierna di ignorare il prossimo, in un’epoca sbiadita caratterizzata, appunto, di “stinti” saluti.

Capito quanto spessore possa evocare un titolo cosi? Tutto il resto il collettivo torinese dei Fiori lo evidenzia in maniera eclatante nella mezzoretta del secondo disco: 8 brani coriacei, tenaci, espressi in un rock a vasto raggio con inclinazioni di vario “post” e “alt”.

Qui, orgoglio e fragilità sono parimente espressi senza paura, con la fierezza di essere gente intrepida, senza far melina strategica, puntando all’obiettivo preposto: quello di rilevare (e rivelare) buona parte delle inique trame di Palazzo.

Le lame esecutive affondano sin dal tris introduttivo di “Pensa”, “Comprami le cose” e “Corpi a sangue freddo”, che tagliano in men che non vi dico, lasciando scorrere fiumi di sacrosanta rabbia, quella che oggigiorno ci rappresenta in toto.

Giusto il tempo di avventurarsi nella distopica e trasecolante cover Dalliana “Meri Luis” che è già ora di ri-secernere bile con lo schiumoso alt-grunge di “Canone inverso”, l’altisonante hardcore di “Caino o Abele” e con gli echi Oi!-punk della titletrack, che rimanda, onorevolmente, ai Los Fastidios.

Nella scena finale dell’album, ci si atterrisce con la strumental-horror di “Occhi”, che vedrei bene come sottofondo dopo un efferato cine-delitto: caro Dario Argento, taccuino alla mano e prendere nota, grazie!

Al di là della singola digressione stilistica, direi che nella serra nell’underground continuano a crescere Fiori bellissimi, rigogliosi di buone idee: e, in attesa di ricevere nuovi segnali positivi da parte Vostra, si inviano “Distinti Saluti”. (Max Casali)