BOY GEORGE "Se18"
(2025 )
Partiamo da un presupposto: lo scrivente segue Giorgino dagli inizi, ma già da un bel po' di anni ha rinunciato a star dietro ad una sua discografia che, di fatto, esiste e non esiste. Perché è fatta di canzoni messe a random in streaming, non dico una al giorno ma quasi, e cercare di catalogarla come si faceva ai vecchi tempi è pressoche inutile.
E allora è strano che ad un certo punto George abbia deciso di tornare davvero indietro, partorendo un album disponibile, almeno agli inizi, solo in modalità fisica. "Ai miei fans piace avere in mano una copertina, leggere i testi eccetera", dice: e allora perché lasciar scorrere altre decine di produzioni nel nulla del web? Vabbè.
"SE18" è il codice postale del quartiere della sua infanzia, ed è un album di quelli che piace a lui: reggae old style, giri di basso in primo piano, dub come andava ai primissimi anni '80. Testi che ricordano come sia importante essere quello che si vuole essere, roba che lui evidentemente ha fatto, avendo bypassato da un po' i 60 anni senza problemi particolari.
E allora, a chi è diretto questo lavoro, che è bello definire "33 giri"? Più che ai fans di "Karma chameleon", forse, agli amanti del reggae duro e puro, da sentire magari in un pub davanti al mare, al tramonto, senza pensare né al passato né al futuro. Pensando che, davvero, Boy George non sia mai stato una pop star, ma un reggaeman prestato allo showbiz (dove, peraltro, tanto male non ci sta). E che ha ormai trovato una sua direzione, ballonzolando tra tour celebrativi con i Culture Club e il proprio percorso singolo, che non ha nessuna voglia di modificare. Peccato solo che, per ascoltarlo, si debba praticamente andare sotto casa sua, citofonare O'Dowd e farsi lanciare il prodotto dall'ascensore. (Enrico Faggiano)