ELECTRIO  "Stabat Mater"
   (2025 )

Preghiera, dolore, elettronica, lirica. Se queste parole vi mettono a disagio, potete anche fermare la lettura qui. Ma vi perdete una catarsi davvero rara, in questi tempi materialisti.

Non c'è forse dolore più grande di quello della perdita di un figlio. Se aggiungiamo che avviene per condanna a morte, mentre la folla dice cose strane su di lui, e pure lui si sente investito di una missione ultraterrena che lo porta ad accettare il martirio, dev'essere ancora più inaccettabile. Ovviamente stiamo parlando di Maria.

A volte mi chiedo se, come un romanzo e un film si sono immaginati “L'ultima tentazione di Cristo”, in cui Gesù all'ultimo decide di abiurare al suo compito, qualcuno non abbia già ipotizzato che invece potesse essere stata la Madre a decidere di fermare il Figlio dalle sue scorribande al mercato del tempio, prima che fosse troppo tardi, magari bloccandolo per il suo comportamento pericoloso, scombinando tutte le profezie, pur di riaverlo vivo a casa. Sono pensieri umani.

Risalente al Duecento, la sequenza “Stabat Mater”, attribuita a Jacopone Da Todi, è una preghiera scritta in terzine, che medita sul dolore della Madre, composta da venti terzine più un Amen di chiusura. Il trio Electrio lo rispolvera, creando un ponte tra la musica antica, quella barocca (attraverso interpretazioni di brani di John Dowland e Claudio Monteverdi) e quella contemporanea.

Gli Electrio realizzano così “Stabat Mater”, uscito per Fresh Ribes, un'esperienza dilatata, resa a tratti anche sinistra, grazie alle esplorazioni elettroniche del compositore elettroacustico Sergio Giordano. Il calore della chitarra di Francesco Rista, assieme a Giordano, accompagnano il soprano Sara Lind Porsteinsdóttir, che canta in lirico ma senza eccedere in vibrato.

La traccia “Stabat Mater” apre il disco con cinque minuti di oscura ambientazione, introduzione alla voce che intona le prime due terzine della sequenza. Segue “O Quam Tristis” che intona le successive due terzine. Poi si va tra le composizioni di John Dowland: “Come, Heavy Sleep” e “Flow My Tears”; si torna alla sequenza con “Sancta Mater” e poi si passa al nostro Monteverdi nazionale, con “Si dolce 'l tormento”. Si torna alla sequenza con “Fac Me Cruce” e gli ultimi tre minuti sono quelli in cui cantare la sola parola “Amen”.

È quasi miracoloso, sentire come le caratteristiche tipiche della melodia barocca, ad esempio i vari mordenti sparsi, si innestino così bene sugli arpeggi della chitarra e sui fondali drammatici sintetici. Gli Electrio danno nuova veste a dei brani di secoli fa, trovandone la possibilità di renderli attuali.

Sì, è chiaro che dipende da cosa intendiamo per musica attuale. Se ci riferiamo alla musica commerciale siamo fuori strada. Ma se pensiamo ad esempio ai Dead Can Dance, o al post rock più meditativo, a tante correnti del sottobosco ben nascoste, o anche alle sacre armonie ricercate da Antonella Ruggiero, ecco, (ri)scopriamo che la musica più alternativa possibile al mainstream è proprio quella di ispirazione spirituale.

Concedetevi un ascolto di “Stabat Mater” degli Electrio, per ripulire le orecchie dall'insostenibile leggerezza di tanta 'monnezza' radiofonica. Poi mi ringrazierete. (Gilberto Ongaro)