CARLA MAGNONI  "Quello che resta"
   (2025 )

Confermando il famoso adagio “Squadra vincente non si cambia”, la polistrumentista-cantautrice (nonché ingegnere) Carla Magnoni si affida ancora alla produzione artistica di Valter Sacripanti per rilasciare il secondo album “Quello che resta”, successore di “Cento passi avanti” del 2020.

Il nuovo disco è effigiato con 11 brani delicati, premurosi e concreti, testimoniando come si possa coniugare il modus-operandi del passato con scelte restauranti del presente musicale.

Con grande preparazione alle spalle, la Magnoni fa pulsare il battito dell’opera intorno alla centralità della permanenza, narrando la ferma convinzione che anche il più piccolo accadimento che cala nel nostro vivere, a volte sembra dissolto nel nulla ma non lo è affatto.

Anche se è difficile scovarlo, questo accadimento, e reperirne le sue tracce, state pur certi che, con tenacia e volontà, i suoi dettagli affioreranno: basta volerlo, basta non incentrare tutta l’ambizione personale intorno al denaro.

Ed è proprio questo ciò che la Nostra evidenzia nel video-singolo “La numero uno”, mentre non si rassegna al fatto che tutti i bei valori di una volta siano sfumati: oggigiorno “Dicono che è normale”, e qui sarebbe bene porre più attenzione per non disperdere le semplici ma intense emozioni di ieri, quelle vissute nella nostra crescita amorevole e naturale.

La terribile vicenda dell’uccisione di “Saman” è una carezzevole dedica alla diciottenne pakistana (abitante a Novellara) che voleva vivere all’occidentale. Sicuramente, Carla ci mette tutta la sua elegante intensità per delineare scenari personali e d’attualità, come la tragedia delle Torri Gemelle nella soffusa ma vibrante “Cieli di settembre”.

Invece, i stoppati di chitarra udibili in “Se è difficile” fan sì che si dia aria alternativa alla cucina assemblativa dell’opera. Lasciamoci, poi, accarezzare dal pregiatissimo trittico di “Girano le pagine”, “Punta telegrafo” e “Il diario di Elsa” per arrivare, infine, alla titletrack, per deliziarci nella dolcezza del suo piano evocativo di mille ricordi.

Forse questo disco può essere considerato un po' troppo omogeneo nelle soluzioni sonore, ma “Quello che resta” va, comunque, abbracciato come un album raffinato, discreto, intenso e finissimo, scevro da demagogie ruffiane, ma col solo obiettivo di non dare mai nulla di scontato nelle cose che ci succedono, e pensando ogni tanto a gettare alle ortiche quelle frenetiche lancette che ci rubano preziose e risolutive riflessioni esistenziali. (Max Casali)