KAOMA  "Lambada"
   (1989 )

Metti una sera a cena, in qualche meandro di Parigi. Metti una bevanda (possiamo dirlo? Ma sì, che poi comunque allo scrivente piace. L’Orangina. Per eventuali ringraziamenti monetari, chiedete il mio indirizzo al webmaster) che necessitava la musica per una pubblicità. Metti un video dove corpi abbronzati ballavano coscia a coscia, pube a pube, altro che guancia a guancia. La canzone (non la bibita) varcò le Alpi, varcò i Pirenei, divenne un boom. Il gruppo sembrava un’orchestrina da balera romagnola, e clamorosa la dissonanza tra la sensualità del ballo e la poca avvenenza della cantante, una butterata mulatta che poco rendeva inclini all’ormone mosso. E anche la stessa canzone non pareva poi chissà che: un testo in portoghese di fanciulla tradita, e una musica a metà strada tra il reggae e la mazurka (prendete il vinile a 33 giri e lanciatelo a 45: vi sembrerà di sentire Castellina Pasi e “Lupin”). Ma fu una tortura, di cui abusarono scuole da ballo e animatori di villaggi turistici. Una lambada non si negava a nessuno, anche se un conto è farla ballare dai muscolosi e dalle figone, un conto erano i dopolavoristi che inciampavano l’uno nelle gambe altrui. Fu un successo planetario: avesse avuto questa promozione Raffaella Carrà, ai tempi del “Tuca tuca”, ora sarebbe più famosa di Madonna. (Enrico Faggiano)