CCCP FEDELI ALLA LINEA  "Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi - Del conseguimento della maggiore età"
   (1986 )

Difficile dire qualcosa su questo disco e più in generale sui CCCP, senza tirare in ballo ciò che concerne la politica ed in particolare la cultura filo-sovietica che, sin dal nome, il gruppo emiliano ha sempre ammesso di seguire. Ma in realtà, più che esprimere ideali comunisti, la band è stata maestra nel dipingere con grandissima efficacia la società italiana del loro tempo ed in particolare la loro cara Emilia. Le liriche di Giovanni Lindo Ferretti, soprattutto in questo episodio, sono penetrate nella coscienza collettiva, forti anche di alcuni slogan ormai entrati nella cultura popolare, o almeno, in quella più colta e disillusa. Una lucidità a tratti cinica pervade i brani dei CCCP, che con frasi come «Produci, consuma, crepa!» e «Non studio, non lavoro, non guardo la tv, non vado al cinema, non faccio sport. Io sto bene, io sto male, io non so come stare» hanno saputo delineare con feroce realismo la vita di provincia. La noia, la mancanza di emozioni, la schematizzazione della vita, la sensualità gelida della modernità, la carenza di motivazioni di una generazione sono tra i temi centrali di questo ampio affresco sociale. Una forte vena critica che è forse stata accentuata dal fatto che i membri della band vivevano a Berlino, lontani quindi dal caldo abbraccio della propria terra e particolarmente stimolati dal confronto con essa; il contatto con la musica europea fu determinante anche per il forgiarsi del suono della band, influenzato dalla musica industriale tedesca e dalla new wave inglese. Il disco si muove sulle tracce del punk puro; punk nel farsi portavoce delle frustrazioni giovanili, come i Sex Pistols quasi dieci anni prima. A differenza di questi però, i CCCP erano più vicini ai trent’anni che ai venti. Da ciò scaturisce l’approccio più mediato ed intelligente del gruppo italiano, che non rinuncia ad una certa selvaggia irruenza, ma traspone tutta la rabbia in un teatrino sociologico ben più profondo e pungente rispetto alla band inglese. Nascono così le dieci spigolose tracce di “Affinità-Divergenze”, tra influenze rock variegate ed interessanti, un certo essenzialismo punk di fondo e lo sgraziato farneticare di Ferretti che ben si allinea con il contenuto pungente dei testi. Questa omogeneità e coerenza non fa altro che compattare maggiormente le canzoni, dando vita ad un'unica scarica di elettricità che pervade l’ascoltatore, imprimendogli violentemente nella coscienza i numerosi anthem. Un disco fortemente caratterizzato, quindi, inconfondibile, ma non ripetitivo. La band sa variare con gusto i temi musicali, riuscendo a rimanere credibile. Non stupiscono quindi le sonorità orientaleggianti di “Trafitto”, che si mescolano ad una chitarra rugginosa, a supporto della declamazione di Ferretti, che si muove tra incitazioni popolari (“Tifiamo rivolta… mi ricordo di discorsi belli, tondi e ragionevoli”) e desolate autocommiserazioni (“Trafitto sono, trapassato dal futuro, cerco una persona che mi sia di cuscino, fragili desideri, a volte indispensabili a volte no”). Anche “Valium Tavor Serenase” unisce un intermezzo autoctono a deliranti sfuriate punk, tra le più sanguigne dell’album. “Morire” inizia come una lenta danza orientale, condita da stridenti sussurri (“La morte è insopportabile per chi non riesce a vivere”), e gradualmente si trasforma, tra acide distorsioni, in un furibondo grido di autodistruzione, tanto rassegnato quanto caustico. Quel “Produci Consuma Crepa” non solo esemplifica la società moderna, ma esprime anche un fortissimo senso di inutilità del vivere, di frustrazione e di sconfitta, in cui tutto ciò che si fa sfocia solo nella morte. Nichilismo Punk. “CCCP” è una sorta di presentazione, che esprime in modo semplice tutti i connotati della band. Dal lato meno grezzo, troviamo l’ossessiva cavalcata new wave “Curami”, uno degli episodi più validi musicalmente, ma al contempo ossessiva e sfinente. “Mi Ami?” è un altro saggio deflagrante sui mali della società moderna. Irresistibile l’ironia di Ferretti che, dopo aver bellamente scimmiottato le manie sessuali adolescenziali, si immerge nella psicologia stessa di questi, instabile e paradossale, che culmina con “smettila di parlare, avvicinati un po'”. Non mancano interessanti spunti di musica industriale; la cadenza meccanica di “Noia” va a collidere con un lento declamare della “noia normale, noia mortale” che attanaglia gli animi incolori dei giovani di provincia. “Io Sto Bene” è uno dei pezzi più caratteristici. Un ritmo elettronico ed un testo tra i più profondi e ampi della musica italiana ed europea tutta. Oltre al celebre verso “non studio non lavoro…” troviamo una serie di frasi ad effetto che difficilmente passano inosservate: da “Io sto bene, io sto male, io non so come stare” a “è una questione di qualità o una formalità”, che mettono in chiaro il disorientamento ed il qualunquismo dilagante che i CCCP intendono attaccare. “Allarme” sposta i temi su un piano più esistenziale e poetico; una danza oscura e sibilante che rimugina continuamente sulla morte. “Muore tutto, vivi solo tu”. Il finale è lasciato al capolavoro assoluto del gruppo, “Emilia Paranoica”, un ritmo ossessivo ed un approccio glaciale. Nel cielo intravediamo avvoltoi di distorsioni, la rabbia implode in un doloroso incubo industriale. Si vaga in un mondo di ossessioni e lande desertiche, tra immagini e ritmi. Ciò che ne scaturisce è un viaggio senza meta lungo una vita che non sa da che parte andare. Ci si perde in questa canzone. “Aspetto un’emozione sempre più indefinibile”. Inutile commentare. In conclusione, siamo di fronte ad un disco importantissimo e ricco di contenuti. Di certo tra i massimi capolavori dalla musica italiana; dieci brani che hanno saputo raccontare la vita di una generazione, ritratta in una cornice musicale unica e caratteristica. (Fabio Busi)