SCHILLER  "Sehnsucht"
   (2008 )

Premessa: quando, qualche anno fa, il qui presente recensionista affrontò per la prima volta il video di “Leben.. I feel you”, venne colpito dalla più classica sindrome di Stendhal. Ovvero, la malinconia per essere di fronte ad un capolavoro tale da rendere difficile, in seguito, qualsiasi miglioria. Per cui, forse, il piano d’osservazione potrebbe essere un po’ fazioso, diciamo. Lui, in Italia, è conosciuto solo, probabilmente, nei circuiti elettronici e degli amanti di una certa musica trance-soft, per così dire, ma nel resto d’Europa ha un bel seguito, che lo ha portato più volte al primo posto nella sua patria Germania, e che affolla i suoi concerti. Da noi, al massimo, qualche ascolto di “Dream of you”, nel 2001, e della già citata “I feel you”. Siamo comunque all’opera numero sette (cinque di inediti e due live), per questo prodotto nato dalle tastiere di Cristopher Von Deylen, e che con il passare del tempo ha aggiunto, alle prime sonorità discotecare, una maggior commercialità, fatta di minori pezzi strumentali e collaborazioni con voci sempre perfette nell’abbinarsi alle melodie elettroniche che fanno da tappeto musicale ai suoi dischi. Più grintoso di Enigma, più facile di Mike Oldfield, più succoso di Royksopp e più aggiornato di Robert Miles, ogni suo lavoro può essere ascoltato in qualsiasi situazione: da sottofondo casalingo, nelle proprie cuffie, in qualsiasi locale che volesse dare atmosfera. Insomma, si sfiora la perfezione: c’è di che ballare, di che sognare, di che farsi avvolgere da quella sottile nebbiolina malinconica tipica del prodotto. In questo “Sehnsucht” poi c’è di che sbizzarrirsi, specie nel formato doppio cd che comporta 31 (trentuno!) titoli, oltre due ore di musica, che comunque hanno l’incredibile capacità di non venire mai a noia, per quell’eccellente intervallarsi di strumentali, intermezzi parlati, e veri e propri gioielli pop. Che, per la prima volta nella sua storia, si aprono anche alle lingue latine (spagnolo, in questo caso), senza però passare per certe robe pacchiane in stile Sash! di qualche anno fa. Tradotto: puntateci su, facendovi cullare dalle “Let me love you” come da “Porque te vas”, o dalla titletrack “Sehnsucht”; la durezza dei testi in tedesco, poi, sono un eccellente contrasto alla melodia elettronica che sembra volersi solo di questo cibare. Fossi l’antico Guido Angeli direi “provare per credere”: fatelo, non ve ne pentirete. (Enrico Faggiano)