ENIGMA  "Seven lives, many faces"
   (2008 )

Andrebbe spiegato, ai pulzelli attuali (ammesso che i pulzelli attuali vengano mai a sapere dell’esistenza di questo disco, ormai travolto dal disastroso andamento di un mercato che mette sugli scaffali dei negozi solo le certezze e le raccolte), che questo è un gran bel disco. E che meriterebbe un po’ di attenzione, se solo il nostro Michael Cretu volesse uscire dal suo laboratorio di suono e, magari, mettesse nei suoi video un po’ di tette, come si fa di solito. “Enigma” è arrivato al settimo capitolo, quasi una infinità pensando a quando, 18 anni addietro, il mondo si fermò di fronte a “Sadeness” e a tutto un mondo fatto di suoni elettronici che si mischiavano a mitologia, sensualità, religione, varie ed eventuali. E il rischio di diventare una specie di “Buddha Bar” sempre uguale a sé stesso, entrando nel trip del ripetitivo e del finto spirituale, Cretu lo ha passato, uscendone con la capacità di trovare, ogni volta, una invenzione musicale che permettesse, anche ai suoi adepti, di mantenere la fedeltà e il fervore verso ogni sua nuova uscita. Questo disco cerca di riprendere qualche velleità di easy listening, dopo che le ultime due uscite, specie “A posteriori”, erano sembrate un po’ ostiche: oltre alle tante zone strumentali con sonorità ormai ben sperimentate, Cretu ripropone la voce di Andru Donalds, che caratterizza tra l’altro “Seven lives” e “Distorted love” ma, soprattutto, come dicevamo, l’invenzione. Ai fans che lamentavano la perdita della sensualità vocale di Sandra (ovvio, ora, a separazione avvenuta) e di Ruth Ann (“Silence must be heard”, in particolare, del capitolo IV), viene regalata infatti la voce di tal Margarita Roach, 61enne ibizenca il cui incontro con Cretu è qualcosa che lui stesso ha raccontato. “Abito a Ibiza da 20 anni, nella mia carriera ho cercato musica etnica da tutto il mondo, poi scopro questa fantastica signora e i suoi canti popolari ibizenchi, e me ne sono innamorato”. “La puerta del cielo” e “Between generations” nascono così, in un dialetto che ai non glottologi sembra simile al catalano, e ammaliano, per l’ennesima volta, orecchie che cercano pace dalle lagne attuali. Bastano solo queste due tracce, se vogliamo, ad elevare l’opera: c’è più genio in un briciolo di questo, che in tutta la produzione plastica e fintosensuale delle varie Rihanne e sculettatrici per professione. (Enrico Faggiano)