LANGHORNE SLIM  "Langhorne Slim"
   (2008 )

Dopo tre anni di attesa dal primo bellissimo e pluripremiato full lenght “When the sun’s gone down”, interrotti solo da un e.p., arriva il nuovo, omonimo disco di Langhorne Slim, una delle migliori promesse tra quanti si ricollegavano, idealmente e musicalmente, al ‘prewar folk’. Nulla cambia nell’ispirazione, basata ancora su una variopinta girandola di folk, country, bluegrass, blues, sapori agresti che tanto erano piaciuti al pubblico folk dell’ultima ora e ai fans di Devendra Banhart, e di quei bozzetti e del piglio sbarazzino che avevano fatto saltare in piedi anche il pubblico indie. Ma il lo-fi estremo degli esordi si è trasformato in un songwriting classico in cui la riflessività della ballad tende ad avere il sopravvento sui fantasiosi saltelli hillbilly e bluegrass, gli arrangiamenti a diversificarsi fortemente e la capacità di coinvolgimento del pubblico ad accentuarsi. Il ventottenne folksinger americano (al secolo Sean Scolnick) ha fatto un disco senza tentare di bissare il successo di “When the sun’s gone down”, senza sfruttare le altisonanti etichette che in molti gli avevano affibbiato solo tre anni fa: sono le canzoni a dare la misura della forza di Slim, svagate, leggere e divertenti, che non lasciano un attimo di tregua anche quando adombrano una vena di sottile malinconia che sembra pescare vita nel profondo, tra sedimenti, scarti e radici. Una brillantissima riconversione del suono dei Violent Femmes, il cui spirito aleggia non solo nel suono ma anche nella carne (il batterista di Slim, Mariachi De Lorenzo, è figlio di Victor, batterista dei Femmes). Un talento raro quello di Langhorne Slim, la sua musica è una delle (migliori) strade possibili che la musica tradizionale americana possa prendere per rinnovarsi rimanendo fedele al solco delle propria tradizione.