SHAKIRA  "Laundry service"
   (2001 )

Il fondoschiena della signorina Shakira, autrice ed interprete colombiana che gode da un decennio di una notorietà planetaria, è di sicuro la cosa migliore di questo disco. Se non altro, chiudendo gli occhi ed usando la più fervida immaginazione, è possibile cercare di rendere giustizia ad un lavoro tanto vendibile quanto poco eclatante rivolgendo qualche pensiero simpaticamente impuro alle grazie della biondina. “Laundry service” sarebbe stato un disco perfetto per gli anni ottanta: tre singoloni chartbuster ed una interminabile serie di brani riempitivi ne costituiscono l’ossatura, secondo una formula che trent’anni fa – ma a quanto pare anche oggi - era più che sufficiente a garantire una lunga permanenza ai piani alti delle classifiche. In più, la signorina Shakira aggiunge una bella presenza (aiutata certamente dai potenti mezzi mediatici e tecnologici) ed un timbro vocale riconoscibile al primo gorgheggio, una sorta di vibrante – ma squillante – voce flamenca adattissima ad interpretare brani latineggianti e comunque non sgradevole negli altri. L’album si apre bene con tre singoli catchy snocciolati uno dopo l’altro: l’opening è affidato alla bordata up-tempo di “Objection”, cavalcata tirata all’inverosimile sulla falsariga del migliore Ricky Martin, seguita dal lentaccio palpitante di “Underneath your clothes” e da “Whenever, wherever”, scintillante hit che ricorda – per il ritmo e per l’impiego dello zufolo – “Down under” dei Men at Work. Poi iniziano i guai: sfilano canzonette disimpegnate che si lasciano ascoltare scorrendo via come acqua piovana senza quasi lasciare traccia. Ci sono lentacci da struscio troppo melensi perfino per Celine Dion (“The one”), ritornelloni da fm americana (“Rules”, “Poem to a horse”), tiritere mielose da telenovelas (“Que me quedes tu”), scipite dance-hit malriuscite (“Ready for the good times” potrebbe appartenere alla peggiore Madonna, “Te dejo Madrid” è semplicemente inutile) e qualche tentativo comunque non disprezzabile di elevarsi ad un livello superiore (l’arabeggiante “Eyes like yours”). Con le eccezioni citate, disco bruttino, il cui limite va individuato non tanto nella spiccata vena commerciale, quanto piuttosto nella qualità di canzoni decisamente non irresistibili e prive di appeal: manca la musica, manca purtroppo dalla copertina anche il fondoschiena della signorina Shakira, e scusate se è poco. (Manuel Maverna)