FRANCESCA LAGO  "Mosca bianca"
   (1997 )

Francesca Lago era una promettente e futuribile cantautrice, che esordì nel 1997 con questo disco furbetto, discretamente scritto, ben arrangiato e lussuosamente prodotto da nomi importanti all’interno dell’italica scena elettronica/avanguardistica. Con la supervisione, la partecipazione e l’apporto fondamentale di Roberto Vernetti e Technogod, la Lago interpreta con interessante slancio e matura profondità espressiva dieci brani da lei originariamente scritti in inglese e tradotti in italiano da Carmen Consoli, Morgan, Edda dei Ritmo Tribale ed Eugenio Finardi. Su un tappeto di elettronica elaborata, e sintetizzatori distorti in fragori metallici di matrice industriale, si dipanano dieci composizioni di livello qualitativo altalenante, una buona metà delle quali assolutamente degne di encomio: quando osa ed azzarda, la ragazza risulta sottilmente attraente, molto meno quando gioca a lallare scipiti motivetti buoni per Paola & Chiara. Negli episodi meglio riusciti – e ce ne sono parecchi – sembra di ascoltare Nada (il timbro vocale è simile, anche se meno arrochito) che canta i Casino Royale, con esiti sorprendentemente intriganti, non fosse altro che per la novità rappresentata nel nostro panorama musicale da una proposta di questo tipo. Purtroppo Francesca ed i suoi molti ed illustri mentori non riescono nell’impresa di mantenere tutto l’album all’altezza dei brani migliori, alcuni dei quali addirittura ottimi. L’apertura di “Sognatrice” (tradotta dalla Consoli) condensa in tre minuti una serie di deliziosi trucchetti rumoristici e contrappunti feroci che trafiggono un testo lapidario e incisivo, il singolo “Niente per me” (che sembra “All the things she said” delle T.A.T.U.) è gradevole e scaltro quanto basta, mentre “Aliens” imbastisce una sinistra narrazione a mezza voce su un’oscura e pulsante base dub. Bella anche la spettrale ballata “Un corpo dopo l’altro”, che chiude il disco su un andamento stralunato e bislacco da Velvet Underground, e soprattutto bellissima è la progressione astuta e accattivante di “Io immaginario”, tradotta, suonata e prodotta da Morgan. Disco che poteva rappresentare un fenomenale punto di partenza, ma che sfortunatamente rimase una pista secca nel deserto: Francesca Lago si dissolse chissà dove, tornando solo nel 2009 per un secondo lavoro (in inglese) inciso per una piccola etichetta svizzera. Peccato davvero. (Manuel Maverna)