LES COWBOYS FRINGANTS  "L'expédition"
   (2008 )

I Cowboys Fringants sono una folk-band canadese che gode da lunghi anni di assoluta considerazione nei paesi francofoni grazie ad una proposta accattivante sempre mantenutasi nel tempo a livelli di eccellenza qualitativa. Autore della totalità dei brani è il chitarrista Jean-Francois Pauzé, abile nel pennellare melodie spesso intriganti accoppiandole a ritmi incalzanti: l’impasto risulta trascinante sia nei brani più forsennatamente movimentati sia nelle ballate più lente e riflessive. Le canzoni presentano sempre e comunque passaggi allettanti, con una progressione di accordi piuttosto semplice ed un impiego smodato di tonalità minori ad ammantare le composizioni di una insopprimibile tristesse di fondo. I contrappunti sono affidati invariabilmente alla graziosa polistrumentista Marie-Annick Lépine, che sostiene le piacevoli melodie di Pauzé ed il canto robusto di Karl Tremblay con un violino (un banjo, un flauto, una fisarmonica o altro ancora) capace di regalare sfumature impreviste e di rivitalizzare anche gli episodi meno riusciti. Rispetto ai precedenti lavori, ne “L’expédition” il ritmo indemoniato la fa da padrone in molte tracce, alcune delle quali sono autentiche cavalcate a rotta di collo (“Droit devant” che apre il disco ne è fulgido esempio, ma anche “Chene et roseau”, “La Catherine” o “Monsieur” non concedono tregua), mentre altre si mantengono su un passo sostenuto (“Entre deux taxis”, “Rue de souvenirs” o l’irresistibile sceneggiata campagnola di “Tant qu’on aura de l’amour”), ed altre ancora sono languide ballate rallentate (“Bobo” con un refrain armonicamente perfetto, la drammatica “La tete haute”, con la sua tragica storia strappalacrime, e l’orchestrale “Les hirondelles” su un registro più classico): tutte possiedono un’identica, sincera vitalità che le rende innegabilmente azzeccate e facilmente fruibili. Nel finale il disco cala leggermente di tono, con qualche scivolone che enfatizza eccessivamente il solo lato deteriore dei quattro canadesi, ossia la tendenza a calcare a dismisura l’aspetto rurale-ambientalista-ecologista penalizzando talvolta il delicato sentimentalismo che impreziosisce gli episodi migliori del loro vasto repertorio. (Manuel Maverna)