GAETAN ROUSSEL  "Ginger"
   (2010 )

Gaëtan Roussel è un gran furbetto, oltre che un indiscusso re Mida della canzone francese. Dotato da Madre Natura di un timbro vocale inconfondibile, e di una innata tendenza a vergare canzoni di facile presa anche con la poca tecnica chitarristica di cui dispone, il signor Roussel si lancia nella sua opera prima da solista in uno dei molti momenti di pausa dagli inarrivabili (per me e per i Francesi) Louise Attaque, band di culto del folk-rock transalpino nonchè ensemble seminale nella storia della musica contemporanea d'oltralpe. E se con i Louise Attaque (ma pure col side-project Tarmac nel triennio 2000-2003) l'enfant prodige era sempre riuscito a stupire spiazzando l'uditorio ad ogni nuovo capitolo della saga, in questo debutto solitario l'oramai attempato ragazzo non è da meno. Con la collaborazione dell'amico e compagno d'avventura Gordon Gano (Violent Femmes, influenza sempre dichiarata, e qui alla voce nell'oscuro delirio visionario di "Trouble") e di Renee Scroggins (etoile degli ESG, controversa band indie-funk attiva da oltre un ventennio), accompagnato dal fido Joseph Dahan al basso qui anche in veste di coautore, il buon Gaëtan gioca nuovamente a confondere le acque rimescolando le carte, partorendo un album di non facile lettura che tiene bene in classifica senza sacrificare creatività ed imprevedibilità. I pezzi assumono di volta in volta le sembianze dei classici di Roussel (un unico giro di quattro accordi in tonalità minore come si conviene alla musica francese in genere) o di tracce sperimentali di sapore elettronico/dance. Alla prima famiglia (la preferita di chi scrive) appartengono allora le ballate languide di "Dis-moi encore que tu m'aimes", "Des questions me reviennent", e soprattutto della commovente "Les belles choses" che chiude l'album con qualche lacrimuccia, mentre alla seconda vanno ascritti brani di sapore più smaccatamente internazionale come la sberla garage di "Clap hands" che apre il disco, o l'ondeggiante "Si l'on comptatit les etoiles" con le sue improvvise scariche acide che lacerano una cadenza funkeggiante. Nel mezzo trovano posto l'irresistibile singolo danzereccio "Help myself" (ascoltatelo su Youtube e provate stare fermi), episodi del tutto superflui ("DYWD"), leggerezze degne dei Louise Attaque più disimpegnati ("Tokyo") e parentesi che rimandano all'esperienza Tarmac senza dimenticare gli ultimi Louise ("Mon nom", a cavallo tra elettronica e morbido feeling notturno). Disco astuto che osa - o finge di osare - senza sperperare le ricchezze accumulate negli anni di fama abbagliante, restando in bilico tra due - o più - identità in attesa di ulteriore gloria futura. (Manuel Maverna)