VANZ  "The destiny is unwritten"
   (2014 )

Quello del punk è un fenomeno abbastanza complesso. È un piccolo universo a sé stante, con una propria, fortissima identità. È una cultura, è musica. Il punk esplode nel biennio 1976-77: sono gli anni di “The Clash” dei Clash, di “Ramones”, “Leave Home” e “Rocket To Russia” dei Ramones, di “Never mind the bollocks, here’s the Sex Pistols”. Sulla loro scia si muovono anche Damned, Misfits e moltissimi altri gruppi. A metà degli anni ottanta il punk subisce un duro colpo, con la fine dei Clash e dei Sex Pistols, mentre i Ramones poco dopo dovranno fare i conti con l’abbandono di Dee Dee. Se si è esaurita anche quella tendenza al revival dei primi anni novanta, con band come Green Day, Blink-182 e Offspring, che hanno scelto di cambiare strada col passare del tempo, il 2014 è un anno decisamente felice grazie a “Honor is all we know” dei Rancid (fra gli ultimissimi baluardi, per qualcosa che rischia di trasformarsi da fenomeno storico-culturale a genere musicale di nicchia), ma anche grazie a “The Destiny is Unwritten” dei Vanz. Il sound è meno grezzo del punk tradizionale: c’è spazio per assoli, cambi di ritmo rapidi e ritornelli capaci di far colpo sull’ascoltatore istantaneamente. Sulla loro pagina Facebook, alla voce “genere”, possiamo leggere “surf punk rock”: è una definizione un po’ particolare, ma che rende l’idea di un sound capace anche di far comprendere il grande valore del disco sin dai primi brani. Se i Vanz non fossero nati in Italia, certamente avrebbero potuto già ottenere il successo di pubblico e di critica a cui potrebbero tranquillamente ambire. “JD Bloody Night” è la prima traccia di un disco pensato in forma di concept, che narra la storia di JD, un giovane libertino che fatica ad accettare un contesto sociale a cui sente di non appartenere, e che si racconta in tredici atti. Il disco risulta parecchio gradevole dal primo al trentaseiesimo minuto, senza lasciare che il livello s’abbassi anche solo per un secondo. Pure sul piano della scrittura: i testi in inglese sono impegnati. Basti pensare ad alcuni titoli: “Monster fed with indifference” o “People are unlistened”. “The destiny is unwritten” è, senza dubbio, tra le più interessanti uscite di un anno straordinariamente ricco per la scena indie italiana (e anche per il punk). (Piergiuseppe Lippolis)