SALVO RUOLO  "Canciari patruni 'un è l' bittà"
   (2015 )

A cinque anni dal fortunato “Vivere ci stanca”, Salvo Ruolo torna con “Canciari patruni 'un è L' bittà”, disponibile dal 13 gennaio su etichetta Controrecords e da oggi in streaming su Soundcloud. Un nuovo e importante disco frutto di anni di studio sulla storia della Sicilia a cavallo fra Ottocento e Novecento e sulla sua lingua, l'antico idioma siciliano oggi mutato e in larga parte scomparso. “Canciari patruni 'un è L' bittà” – nato all'interno dell'esperienza feconda del Teatro Coppola di Catania, prodotto da Cesare Basile e suonato da tanti importanti musicisti siciliani – è un lavoro che in sette canzoni animate da un folk asciutto e terrigno racconta il Risorgimento dalla parte dei vinti, di coloro che non hanno scritto la storia ma se la sono vista scrivere, dopo averla subita e capita ben poco. Uomini come Giovanni Passannante, sulla cui figura è incentrato il primo singolo con relativo video “Passannanti” (http://youtu.be/kKGIU3QRVQA) o come Mariuzza Izzu, Ninco Nanco e Carmine Crocco, che combatterono la loro battaglia di libertà con dignità e fierezza anche a costo della vita. Ma “Canciari patruni 'un è L' bittà” è dedicato anche alle centinaia e centinaia di uomini e donne uccisi o privati della loro identità culturale dal massacro portato avanti dai presunti “eroi” risorgimentali (i Cavour, i Savoia, i Garibaldi) in quel nostro far west che è stata la malaunità d'Italia. Un mondo di briganti, partigiani, anarchici, di carnefici e vittime, che tornano nelle canzoni di Salvo Ruolo contrapponendo alla versione ufficiale degli accadimenti una storia altra e diversa: un racconto dei fatti per come andarono davvero e soprattutto un tentativo di sublimare il dolore che ne derivò in brani intrisi di un mood che non poteva essere altrimenti che “blues”. “Canciari patruni 'un è L' bittà” è infatti un disco di rara intensità che nasce dal dolore e lo trasforma, nel presente, in un'affermazione di libertà rivolta a quelle “Malagenti”, come li avrebbero definiti allora i savoiardi, che ancora oggi si ribellano e non hanno alcuna intenzione di chinare il capo. A loro e a tutti Salvo Ruolo rivolge le sue parole antiche e vibranti: “ma sa missa fu' cantata / e a favula cuntata / e facistu puru tri jonna di fistinu / bi dicu ca u malutempu / 'n dura tuttu un tempu” (“ed anche se la messa è stata cantata / e la favola ci è stata raccontata / e avete fatto tre giorni di festini / vi dico che questo tempo / non dura tutto il tempo”).