CISCO  "Matrimoni e funerali"
   (2015 )

In barba all’obiettività ed al discernimento critico, esistono dischi che ti piacciono, punto e basta, poco conta cosa dicano o in che modo lo facciano. Incantato ed irresistibilmente attratto da certo tipo di folk movimentato come da ingannevole nenia di sirena, cado vittima designata di questo nuovo lavoro solista di Stefano Bellotti, in arte Cisco, noto per essere stato per lungo e fortunato periodo vocalist e frontman dei Modena City Ramblers. “Matrimoni e funerali”, che segue a tre anni di distanza “Fuori i secondi”, riporta in superficie pregi e difetti del buon Cisco, cantautore onesto e ruspante talora prigioniero di una scrittura testuale forse penalizzante rispetto alla verve contagiosa delle parti musicali che la veicolano, ma che non lesina spunti interessanti ed armonie realmente memorabili. Al di là di alcuni episodi ( “Supermarket”, con una partecipazione ininfluente di Pierpaolo Capovilla, e “Il tuo altare” con il rap posticcio di Piotta, divagazioni stilistiche poco digeribili) nei quali Cisco inopinatamente si snatura e perverte la propria specificità nel pedissequo omaggiare l’ospite di turno - al quale va incontro sempre un filo di troppo - ed a patto di disgiungere a tratti musica e testi - spesso intrigante ed allettante la prima, apprezzabili per intenti, non sempre per cifra letteraria, i secondi -, “Matrimoni e funerali” regala brani di godibile immediatezza e vari numeri d’alta scuola. Il livello medio delle composizioni rimane pregevole, dal reggae caldo ed aggraziato dell’opener “Come agnelli in mezzo ai lupi”, su cui Cisco stende un testo prevedibile ma efficace (mi sarebbe piaciuto ascoltarlo dal crooning smozzicato di Raiz degli Almamegretta), alla rutilante sarabanda – con contorno di violino tzigano e tromba mariachi – di “Sangue sudore e merda”; dalla tarantella mascherata di “Chiagne e fotte” alla tammuriata indemoniata di “Marasma”, con un chorus di rara veemenza, l’album è un goloso susseguirsi di intrecci ritmici e melodie ariose capaci di costruire scenari variopinti in bilico tra schierata serietà e velata, mai invadente arguzia. Apprezzabile – sebbene riecheggi la “In viaggio” targata CSI, solo col tema della morte sostituito a quello del girovagare – la ballata conclusiva di “Cenere alla cenere” con Massimo Zamboni ospite alla chitarra: su un giro che ricorda “Carry me Ohio” di Mark Kozelek, la metrica del cantato e la cadenza monocorde disegnano un rapimento estatico che rasenta la citazione, ma con una eleganza meditativa che riabilita il brano. Splendido il delizioso, sommesso singalong di “Per te soltanto”, lullaby oscuramente melanconica su un’aria da Cowboys Fringants; bella e vibrante, con un piccolo scivolone su un verso volgare che ne imbarbarisce l’allure, la title-track offerta al contributo pregnante di Angela Baraldi: flamenco nella strofa, ska indiavolato nel ritornello, il crescendo parossistico del pezzo rimanda concettualmente – mutatis mutandis – a quello di “Morire” dei CCCP (“Nasci, cresci/primi baci/giurale un amore eterno/riproduciti, ingrigisci/poi diventi cibo per i vermi”). Ma è in “Girarrosto”, che ospita il Coro delle Mondine di Novi, che Cisco sferra la zampata degna del marpione: su un frullare dixie da New Orleans in salsa Brassens vanno in scena tre minuti da consegnare a buon diritto alla playlist delle hit più contagiose che quest’anno offrirà, scherzo di esistenzialismo spiccio degno di ripetute passerelle. Disco che, al di là di vizi veniali facilmente perdonabili e di una non sempre impeccabile rifinitura nelle liriche, suona estremamente fresco e gradevole, lavoro che si lascia ben volentieri cantare, ricordare, riascoltare, forse più in virtù della sua intrinseca leggerezza che della riflessione cui vorrebbe indurre. (Manuel Maverna)