MONKEY'SMILE  "Roots"
   (2015 )

Iacopo Bottan (Voce, Chitarra), Tobia Querin (Chitarre Elettriche), Simone Infanti (Basso, Cori) e Carlo Alberto Berti (Batteria), sono i Monkey Smile, gruppo che debutta con Areasonica Records con l’album ''Roots''. È limitante e limitativo servirsi di un’etichetta per esprimere un giudizio su qualcosa. Ascoltare ''Roots'' dei Monkey Smile ti induce proprio a fare questo (accidenti!). Non può non venire in mente un’espressione, un’espressione che consta di due parole: garage band. Tale marchio può fungere da chiave di lettura e rivelarsi quindi utile all’interpretazione degli elementi caratteristici della musica di questa band. Beh, sì, perché garage band, indica un fenomeno musicale (1) diffusosi negli anni '60, che ha visto orde di ragazzini affannarsi a far decollare la propria rock-band, partendo da una cantina o da un garage appunto; il fenomeno si è trascinato poi, di decade in decade, fino ai giorni nostri, quando Steve Jobs e John Mayer hanno deciso di chiamare proprio così il noto software di Apple (2), quello che ti consente di fare i dischi in casa, proprio come se si lavorasse la pasta fresca. I Monkey hanno un sound promettente, ma appena abbozzato, e la loro musica pare dire “siamo ancora chiusi in garage, tra un po’ usciamo, eh?”. L’album è poco organico, dal punto di vista sonoro, e assolutamente scollegato in un’ottica strettamente filologico/musicale. I testi sono acerbi, adolescenziali, e il processo di gestazione degli stessi pare essere stato affidato ad una grossolana opera di traduzione dall’italiano all’inglese. Le linee melodiche di voce e strumentali, viaggiano su due rette parallele e non sono armonizzate in alcun punto, forse perché reggono su una parte vocale debole, poco strutturata, quasi parlata, per niente nobilitata da quei virtuosismi chitarristici introdotti a caso, e definitivamente affossata da cori lamentosi buttati qui e lì. (Abernathy)