U.S.A. FOR AFRICA  "We are the world"
   (1985 )

Una canzone è in classifica da tanto tempo. E' entrata in primavera, è riuscita a vendere milioni di copie in ogni angolo dell’universo e ancora sembra non sia sazia. Si chiama WE ARE THE WORLD e a cantarla è un gruppo di superstar americane che decidono di rendere pan per focaccia alla Band Aid natalizia di origine inglese, quando in poco meno di un mese, grazie alla regia di Bob Geldolf, arrivarono primi in tutta Europa con DO THEY KNOW IT’S CHRISTMAS. Dedicata al terzo mondo, USA FOR AFRICA è il nome della band messa su per l’occasione e come potevano intitolare la canzone, gli americani, se non NOI SIAMO IL MONDO, con la megalomania che li contraddistingue? Cerchiamo di capire passo per passo come è nata questa canzone e questa idea. Harry Belafonte stava facendo zapping col suo televisore e si imbatté in un documentario dedicato ai paesi a sud del Sahara: il Mali, il Chad, l’Etiopia, il Sudan. Vede come vivono queste popolazioni, fa un rapido confronto con quello che ha lui e capisce che c’è qualcosa che non quadra. L’ex re del calypso telefona quindi a Ken Kragen che è il manager di Kenny Rogers e Lionel Richie, tanto per fare due nomi. Lionel Richie chiama subito Quincy Jones e quest'ultimo si attiva telefonando a Michael Jackson. Lionel e Michael si mettono d'accordo e decidono di scrivere testo e musica della canzone già in cantiere nelle loro menti. Si incontrano 4 volte in 4 giorni e alla quarta Lionel dà una cassetta demo con delle idee musicali su quello che dovrebbe essere la canzone. Con questa cassetta Jackson e Richie entrano in studio la sera stessa dove trovano Quincy Jones. I due autori discutono su come proporre il testo e come farlo cantare dai vari artisti che si dovranno aggiungere mano mano all'operazione e dei quali ancora non conoscono i nomi. Si presenta la delicata questione di alcune frasi che secondo gli autori potrebbero essere scambiate per inviti al suicidio: "There's a chance we're taking, we're taking our own lives" che significa pressappoco "è una scelta che stiamo facendo, stiamo prendendo le nostre vite". E allora Lionel Richie cambia con "we're saving our own lives" che significa "stiamo SALVANDO le nostre vite". Dopo alcune ore il testo è bello e ripulito. 50 cassette guida vengono quindi inviate celermente ad altrettanti artisti con l’assoluta raccomandazione di non far trapelare nulla a chicchessia e di riportare la cassetta allo stesso Quincy Jones. Il 22 gennaio 1985 agli studi Lion Share di Kenny Rogers vengono registrate le basi musicali e vengono chiamati personaggi di spicco come Steve Porcaro dei Toto ed altri meno noti al grande pubblico ma dei numero uno tra i turnisti americani. Il 28 gennaio tutto è fissato per il grande evento. Los Angeles, gli studi dell’A.M. Chi ci sarà? L’appuntamento è fissato per le dieci di sera ma Jacko arriva un'ora prima per registrare una particolare versione del coro con la sua voce che sarà quella definitiva. Perchè alle dieci di sera (ore sette del mattino in Italia)? Perchè due ore prima finisce la cerimonia in diretta televisiva degli America Music Award e bisognava dare tempo a qualcuno dei sicuri premiati, destinatari della cassetta, di raggiungere il luogo dell'appuntamento. Uno ad uno arrivano. La lista dei nomi è veramente impressionante. Billy Joel, Bruce Springsteen, Diana Ross, Stevie Wonder, Bette Midler, Smokey Robinson, le Pointer Sisters, Bob Dylan, Ray Charles, Cyndi Lauper (premiata due ore prima insieme a Lionel Richie), Kim Carnes, Al Jarreau, Paul Simon, Tina Turner, Dionne Warwick. Questo tanto per fare dei nomi. Arriva anche Bob Geldolf dall'Inghilterra e viene accolto da un applauso, unico straniero in un gruppo tutto stelle e strisce. La registrazione viene seguita da 500 invitati speciali tra cui Jane Fonda, Ali McGraw, Steve Martin tramite un circuito chiuso televisivo. C’è qualche problema nella registrazione delle parti armoniche. Stevie Wonder propone di sostituire una strofa in swahili ma Geldolf gli ricorda che gli etiopi non parlano swahili. Allora Al Jarreau dice a tutti che forse sarebbe meglio cantare qualcosa che abbia un significato in inglese e propende per one world, our world mentre intanto arriva Belafonte accolto in sala da Wonder che al pianoforte accenna BANANA BOAT. Alle tre e dieci del mattino si concordano gli interventi in duetto che sono: la Turner con Billy Joel, Wonder con Lionel Richie, Kenny Rogers e Paul Simon, Willie Nelson con la Warwick e Huey Lewis con Cyndi Lauper che chiede a Quincy Jones se può improvvisare una frase quando è il suo turno e difatti il suo intervento vocale è particolarmente vibrante ed intenso. Alla fine della registrazione Wonder invita due donne etiopi e fa dire loro "grazie da parte di tutto il nostro paese". Una specie di "sì, buana" ma molto politically correct, specie se viene da qualcuno di colore: le assurdità del conformismo imperante ad ogni livello. Alle cinque registrano le parti soliste e tocca a Bob Dylan che emoziona Al Jarreau al punto che lo stesso gli dichiara il suo amore appassionato. Al chè Dylan lo guarda come fosse un curioso animaletto notturno e se ne va lasciando Jarreau farfugliare una frase in perfetto stile Woody Allen: "è il mio idolo", rivolto agli altri. Bob Dylan era soltanto imbarazzato ed emozionato. Si ferma ad ascoltare l’intervento del boss Bruce Springsteen. Canta con voce rauca perchè ha suonato per quattro ore la sera prima a Syracuse ed è volato a Los Angeles solo per prendere parte a questo evento. Il suo intervento è molto bello come quello di Stevie Wonder (i due che rimangono più impressi per forza e vitalità). Alle sei del mattino è tutto finito. Ken Kragen telefona a Lionel Richie alle sette e mezza: aveva appena sentito il nastro finito e non ha potuto fare a meno di piangere dall’emozione. L’album si distingue dal singolo per il fatto che contiene altri pezzi solistici degli intervenuti. Tutti inediti, nove in tutto. Ci sono i Chicago con GOOD FOR NOTHING, Springsteen con TRAPPED, una canzone di Jimmy Cliff del 1972 eseguita dal vivo e Prince che era stato invitato ma non si era fatto vedere se non sentire verso le sei del mattino al telefono da Quincy Jones. Prince ha proposto un intervento di chitarra ma Jones declina l’offerta dicendo che questa registrazione non era stata fatta per gli ego personali degli artisti e che l’unico a non averlo capito era lui. Accetta però un brano per la compilation: 4 TEARS IN YOUR EYES. Tina Turner canta invece TOTAL CONTROL, incontro jazz-funk-blues che avrebbe fatto venire l’acquolina in bocca a James Brown. E lei la canta benissimo. Il doppio album (così come il singolo) riesce a conquistare subito il primo posto in classifica in America impiegandoci appena due settimane. Gli ultimi capaci di un simile exploit furono gli immarcescibili Rolling con TATTOO YOU nell’autunno 1981. Per inciso soltanto tre album hanno fatto meglio entrando direttamente al primo posto: ben due appartengono ad Elton John. Entrambi del 1975, sono CAPTAIN FANTASTIC e ROCK OF THE WESTIES; l’altro nel 1976, SONG OF THE KEY LIFE, di Stevie Wonder. In Usa, oltre a raggiungere il primo posto nella classifica di Billboard dedicata al pop e al rock, il pezzo raggiunge la vetta anche nelle graduatorie disco della suddetta rivista. Un successo forse prevedibile ma comunque piacevole se preso soprattutto come gratificazione per chi a questo progetto si è accostato con vero spirito umanitario e ci ha creduto fin dall’inizio. Nota infelice nell’exploit internazionale del disco, i cui proventi sono destinati ai paesi più poveri dell’Africa, è che alcuni grossi distributori inglesi si sono rifiutati di mandare a loro spese il disco nei negozi perchè hanno già perduto abbastanza denaro con il progetto inglese dalla Band Aid. In fondo dal loro punto di vista hanno ragione. I cantanti per incidere un disco gratis non ci perdono nulla anzi, ci guadagnano in immagine. Loro, i distributori, invece si. (Christian Calabrese)