MEG  "Imperfezione"
   (2015 )

Artista di caratura superiore rispetto alla notorietà riscossa nel corso di una interessante carriera oramai ventennale, Meg, al secolo Maria Di Donna, cantante napoletana capace di sfumare le asperità antagoniste e l’oltranzismo militante dell’intenso periodo a fianco dei 99 Posse approdando alfine ad una sofisticata forma di indie-dance, torna con un nuovo raffinato lavoro a sette anni di distanza dall’intrigante “Psychodelice”. Nove brani in totale, tre dei quali già pubblicati come singoli nel 2012/2013 (ivi compresa la cover della memorabile “Estate” di Bruno Martino), spiccano sia per misurata omogeneità sia per una ragionata aggressività al servizio di sonorità sinuose ed eleganti, elaborate con acume e sibillina grazia; ad essere esaltate dall’ottimo lavoro di cesello e di produzione sono non soltanto le indubbie doti vocali – mai virtuosistiche o ridondanti – di Meg, ma anche e soprattutto le peculiari, non scontate tessiture ritmiche ed armoniche che sorreggono brani solo apparentemente fruibili. Musica pulsante che ricerca inusuali vie espressive mai svendendosi alla banalità, quella che scorre in “Imperfezione” sulle ali di un intimismo lucidamente introspettivo è una fluida corrente di suono avviluppata su sé stessa, colto compendio – di rado realmente godibile – di abilità compositiva nel plasmare una materia infida come è quella scelta. Pur forte della navigata nonchalance della diva di lungo corso, a tratti Meg cede alla malìa sprigionata dalle illustri ombre (Mina su tutte) che aleggiano incombenti fra queste suadenti tracce, dai tribalismi world-music di “Concerto per” al groove intricato della title-track, dai vocalizzi calcati di “Il confine tra me e te” al palpitante chorus di “Occhi d’oro”, passando per l’eterea aria synth à la Japan – con una bella eco fra dub e lounge – di “Illumina la notte”, fino al beat contorto di “Skaters”: complessivamente il risultato è fascinoso ed ammaliante, perfino avvolgente come certo inebriante trip-hop d’annata, sebbene talora l’atmosfera monocorde rischi in parte di soffocare l’estro di Meg fra le spire di una fatale monotonia di fondo, quasi l’attenzione spasmodica dedicata agli elementi formali – in primis la costruzione ipnotica delle parti ritmiche – rappresentasse una diversione dalla reale dimensione qualitativa dei brani proposti. Lavoro eccellente per la ricercatezza da cui nasce ed alla quale mira, “Imperfezione” segna la definitiva affermazione di un’autrice solida e matura, la cui sfida è forse quella di riuscire a ritagliarsi una identità distintiva che le permetta di librarsi con decisione sopra la massa delle brave cantanti. (Manuel Maverna)