THE K.  "Burning pattern etiquette"
   (2015 )

C'è da dire che con i belgi The K. non c'è granché da annoiarsi. Quando la band esordì, oramai 5 anni or sono, si parlò di loro come di una promettente nuova post-rock-grunge band, talmente dedita al baccano nudo e crudo da sconfinare, spesso e volentieri, nel noise più acido. Ora, passati 3 anni dal loro esordio ''My flesh reveals millions of souls'', più che qualche stagione sembra passato un vero e proprio tsunami, sulla band: sempre, questo sì, duro e brutale, il loro sound è ora anche malinconico, verrebbe quasi da dire desolato, come un paesaggio abbandonato dalla bellezza primordiale. Evidentemente i belgi, dopo oltre 200 concerti a sputare in faccia all'Europa intera il loro rumore, hanno sentito l'esigenza di girare lo switch, ed approcciare qualcosa di abbastanza diverso. Non a caso il loro disco d'esordio era nato quasi di getto, mentre "Burning pattern etiquette" ha avuto una gestazione di ben 2 anni. La velocità dei loro brani è, così, notevolmente rallentata (questo è il primo fattore che salta alle orecchie), ma, per assurdo, il suono è divenuto ancor più duro, proprio perché opprimente, straziato e straziante, oltre che permeato di disperazione. E, cosa difficile da prevedere a tavolino, la potenza del loro suono è, in questo modo, divenuta più precisa, quasi schematica ed accurata. Oltre a portare imprevisti, ma assolutamente salutari, squarci di musicalità più "leggera", verrebbe quasi da dire "delicata", se il termine non risultasse in effetti totalmente fuori luogo quando si tratta di questa band. Stiamo parlando di episodi come "Delusive Meaning", ma soprattutto di "The Mermaid Of Venice", il brano più sorprendente (e, probabilmente, più bello) di tutto il lotto. Che apre nuovi orizzonti all'ensemble belga il quale, di certo con grande sorpresa, si scopre capace (e, pure, dotato) nella composizione ed esecuzione di qualcosa che nulla abbia a che fare esclusivamente con il rumore. Se si tratti di episodi casuali, o viceversa del nuovo orizzonte nel futuro dei The K., ciò, ovviamente, non ci è dato saperlo. E, se abbiamo un minimo compreso di che pasta siano fatti Sébastien von Landau e compagni, non lo sanno nemmeno loro. Stavolta, semplicemente, è andata così. La prossima, chissà. (Andrea Rossi)