VIRIDANSE  "Viridanse"
   (2016 )

Il gruppo alessandrino Viridanse torna in attività, con una nuova formazione e, soprattutto, con una nuova pubblicazione. A distanza di trent’anni, il successore di “Mediterranea” può vedere finalmente la luce. Otto tracce per continuare un discorso musicale interrotto bruscamente negli anni ’80, con la decisa intenzione di andare oltre quella New Wave italiana che il gruppo di Gemma contribuì a rendere grande ed originale e non solo mera fotocopia di quella sentita a Londra e dintorni. I Viridanse 2.0 sono un gruppo musicale che mantiene, dell’originale anima del complesso, i soli Flavio Gemma ed Enrico Ferraris. A loro si sono aggiunti Fabrizio Calabrese (batteria/percussioni), Giancarlo Sansone (tastiere) e Gianluca Piscitello (voce). Ed il disco? Il disco c’è e si sente da subito. Si parte con “Disordine” che mette in evidenza il cantato di Piscitello a cui si aggiunge una robusta chitarra ed una poderosa sessione ritmica. L’intero album vive su questi elementi: la muscolosa batteria di Calabrese che dialoga perennemente con il basso elettrico di Gemma, mentre sono lasciati ampi spazi ai virtuosismi vocali e chitarristici. In questo contesto, la tastiera di Sansone rende più corposa e completa la musica, mai debordante, ma utile collante melodico. È uno suono decisamente più robusto rispetto ai “vecchi Viridanse”, ma che, comunque, ne sa mantenere una certa familiarità. Insomma, per tutti coloro che vogliono etichettare la musica, potremmo dire che è wave suonata da artisti prog. Ci sono echi di Litfiba qua e là (quelli di “Desaparecido”, per capirci), ma non è difficile intravedere sfumature di un certo gothic rock alla Mission (intro di “Samsara”, per esempio) o reminiscenza post punk (i giri di chitarra di “Cambierai”, su tutti). Tutti elementi che si fondono in un grande coacervo musicale. Una sorta di concept album sonoro, in cui liriche oniriche ed a tratti criptiche (attribuite a Piscitello e Ferraris) si mescolano al suono degli strumenti, in un crescendo di ritmi, cambi di direzioni (“Quello che manca”, “Martire di sabbia”), voluti rallentamenti (“Ixaxar”, nel narcotico preambolo) ed improvvise accelerazioni (“Splendore illusione”). In tutti gli otto brani di “Viridanse” il gruppo sembra decidere per un sound epico o solenne. Un album certo non facile, epidermico o leggero; ma, proprio per questo, un lavoro che va ascoltato dalla prima all’ultima nota, perché ricco di qualità ed intense emozioni. Difficile dire se questa sarà anche la futura incarnazione del gruppo piemontese o se la futura creatura dei Viridanse virerà ancora per altri sentieri musicali. Certamente quello ascoltato rappresenta una delle più belle realtà degli ultimi tempi. (Gianmario Mattacheo)