VENETIAN SNARES  "Traditional synthesizer music"
   (2016 )

Aaron Funk è un tipo parecchio curioso. Già il suo nickname Venetian Snares, spesso abbreviato in Vsnares, fa capire con chi si ha a che fare: cosa mai saranno, questi “tranelli veneziani”, per un artista schizoide che, invece che dalla laguna, proviene da Winnipeg, Canada? Poi vieni a sapere che “snares”, in gergo, sono anche i rullanti della batteria, e allora qualcosa comincia a tornare, anche se il parallelo con la città veneta continua ad essere abbastanza fumoso. La sua proposta (chiamarla semplicemente musica è abbastanza fuorviante) può essere definita in svariati modi: navigando in rete troverete i suoi dischi, di volta in volta, definiti Drum and bass, Glitch, Hardcore, Intelligent dance music, Breakcore, Musica ambientale, Elettronica, Techno hardcore, e chi più ne ha più ne metta. Ma non è finita: essendo un autentico mago della sperimentazione e della “mezcla” (nell'album “Rossz csillag alatt született”, ovvero "nato sotto una cattiva stella" in lingua ungherese, arrivò a fondere la drum and bass più radicale con, appunto, rapsodie popolari ungheresi), Aaron si diverte a realizzare prodotti teoricamente inascoltabili (celebri le sue partiture in 7 quarti o addirittura 11/4) trovando però, chissà come, il modo di renderli “normali”, a volte addirittura mainstream. Arrivato con questo “Traditional synthesizer music” alla (incredibile) soglia del 23° album in 16 anni, Venetian Snares, evidentemente non ancora appagato, rilancia la propria sfida al mondo, realizzando un disco letteralmente a casa sua, e non solo suonandolo con l’unico utilizzo di vetusti synth modulari (il top in quanto a strumentazione vintage) ma, soprattutto, incidendolo live in un’unica take, senza overdubbing né successivi editing: una sorta di sublimazione, insomma, del classico detto “buona la prima”. Tutto questo senza che la qualità della proposta ne esca minimamente inficiata: “Magnificent Stumble V2”, brano che ha anticipato il disco un paio di mesi fa, unisce ad esempio i beat impazziti dei Chemical Brothers più estremi alle ambientazioni anni ’70 degli Space o di Jean-Michel Jarre, ed il risultato è davvero ottimo. “Slightly bent fork tong v2”, con il suo inizio alla Ryūichi Sakamoto di “Merry Christmas Mr. Lawrence”, porta invece fuori strada, perché il prosieguo dell’episodio è pura drum and bass, prima che il finale ci riporti alle ambientazioni iniziali. E pure la strana ed ostica “Anxattack boss level 19 v3”, apparentemente colonna sonora di un robot impazzito, trova lungo il proprio percorso il modo di divenire appagante e fruibile anche per orecchie non esattamente avvezze alla sperimentazione. Un percorso lungo, quello di queste 12 nuove canzoni (su vinile sono stati necessari 2 dischi, già esauriti in prevendita), alla fine del quale si esce però appagati e convinti. Di quanti altri dischi sperimentali potreste dire altrettanto? (Andrea Rossi)