PET SHOP BOYS   "Super"
   (2016 )

Partiamo intanto da un presupposto, che per lo scrivente i PSB sono la migliore band in assoluto, e quindi la recensione nasce, di fatto, faziosa. E allora, cerchiamo di renderla, se non altro, plausibile. Parliamo di un duo che è in giro da 30 anni abbondanti, e che in questi sei lustri ha mantenuto una continuità di rendimento assolutamente unica: nessuno scioglimento provvisorio, nessun progetto solista, e una coerenza che ad un certo punto è diventata anche garanzia e marchio di fabbrica. Ovvero, pop d’autore fatto con tastiere e ritmi alti alternato a quadretti malinconici, senza mai andare a testi banali o facilità eccessive. Parlando di ogni stato dell’animo umano con profondità e ironia, cosa forse poco recepita in Italia ma di certo apprezzata dagli anglofoni. “Super” arriva a qualche anno dalla curiosa doppietta ''Elysium''-''Electric'', ovvero un album fin troppo autunnale a cui fece seguito, pochi mesi dopo, un altro album che pareva figlio di un rave-party. Qui si cerca di mischiare la doppia faccia dei PSB, mantenendo sempre molto alta la ritmica senza però dimenticare, magari, la popolazione che non è avvezza al sudore ed ai “fumi e raggi laser”. Eccedendo forse con gli inni semistrumentali (“Happiness”, “Pazzo!”, “Inner sanctum”) e restando lontani dai sentimentalismi, ma continuando a raccontare la vita (“The pop kids”, che sembra il seguito, meno drammatico, di “Being boring”) e le stranezze (“The dictator decides”) dell’umanità. Alla fine, un disco di un prodotto figlio degli anni '80 che non è assolutamente un ritorno all’epoca – qui ci sono groove che farebbero la gioia dei Daft Punk – ma che è del tutto inserito nella musica di oggi, alla faccia di chi li considera solo come quelli di “Paninaro”. In soldoni: se vi sono mai piaciuti, i Pet Shop Boys, questo disco non vi deluderà in nessuno dei suoi passaggi, e non vi farà tornare la voglia di riascoltare “Actually” perché non ce ne sarà bisogno. Se non vi sono piaciuti, o se li avete sempre snobbati, andate pure avanti per la vostra strada. Siete voi, quelli che ci perdete: cavoli vostri. (Enrico Faggiano)